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Charles Leclerc, la voglia di non omologarsi

Charles Leclerc, la voglia di non omologarsi

In una società che passa il giorno a condividere sui social network frasi filosofiche e falsi esempi di vita non c'è più spazio per le vie di mezzo

di Matteo Spinelli

ROMA – Ormai se non ti esponi (ed anche sbandierandolo ai quattro venti) contro qualcosa, sei automaticamente pro; o ci vai quantomeno vicino. Sembra essere questo il leitmotiv che anima le discussioni dei nostri giorni. Lo sa bene Charles Leclerc. Il pilota della Ferrari, infatti, ha dovuto fare affidamento ad un post sui social network per ribadire il suo odio verso il razzismo. Roba da matti!

“È molto triste vedere come le mie parole vengano distorte per creare titoli che mi fanno sembrare un razzista. Non sono razzista e odio assolutamente il razzismo. Il razzismo è disgustoso” ha scritto su Twitter il ferrarista, rispondendo a quanti lo accusavano perché, contrariamente a quanto fatto da alcuni suoi colleghi, non si era inginocchiato sulla griglia di partenza dei Gran premi, a differenza della maggior parte degli altri piloti capeggiati da Lewis Hamilton. Leclerc aveva già motivato la sua decisione, dicendo che non voleva essere strumentalizzato da movimenti politici anche perché, in alcuni Paesi, inginocchiarsi all’inno è considerato irrispettoso.

“Smettete di mettermi nella stessa disgustosa categoria di persone che discriminano gli altri per il colore della pelle, per la religione o la razza. Io non sono come loro e non lo sarò mai. Sono sempre stato rispettoso con tutti e questo dovrebbe essere la norma nel mondo di oggi”, aggiunge Leclerc, prima di concludere: “Chiunque stia usando la mia immagine per promuovere idee sbagliate, per favore la smetta. Non sono in politica e non voglio essere coinvolto in queste cose”.

A pensarci bene, con tutto il rispetto per l’annoso problema del razzismo, alcune accuse gratuite, come quelle rivolte a Leclerc, sembrano fare più male dell’antisemitismo stesso. Nell’era dell’apparire, in cui le cerimonie e la gestualità sembrano contare più del fare concreto, si sta infatti sviluppando un’altra forma di razzismo: quella verso chi non si equipara (vivaddio!) alla massa.

Se non si condanna il matrimonio gay, si deve per forza essere pienamente d’accordo con la cultura LGBT in tutto e per tutto; o l’esatto contrario. Chi prova a sollevare un dubbio riguardo la situazione (tristemente nota) dei migranti, viene tacciato di essere un fascista e/o un antisemita, al contrario l’amorevole umanità passa per rievocazione del più fervido comunismo. E che dire poi della questione politica? In un mondo che propone miriadi di partiti e partituncoli, non c’è più spazio per le sfumature: se non sei dei nostri, allora sei dei loro. Una piega triste e pericolosamente in crescita.

Insomma, in una società che passa il giorno a condividere sui social network frasi filosofiche – ideate da altri, sia ben chiaro – e falsi esempi di vita, sembra non esserci più spazio per le vie di mezzo: o bianco o nero (senza alcuni riferimento di etnia, meglio precisare…). La speranza, senza ergere nessuno a modello di vita, è che in futuro ci siano più Charles Leclerc pronti a sostenere le proprie idee senza omologarsi e meno esteti della cultura di massa, improntata sull’apparire sempre e comunque.

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