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Coronavirus, Serie A: sarà un campionato regolare alla ripresa?

Coronavirus, Serie A: sarà un campionato regolare alla ripresa?

Questione aperta: si riprenderà o no? E come?

di Matteo Spinelli

ROMA - L’emergenza coronavirus si è abbattuta, come ormai ben sappiamo, in maniera forte ed autoritaria sulle nostre vite, rimodulandole di colpo. Ma oltre a privarci della libertà giornaliera, il virus ha stravolto tutti quei settori che, normalmente, prendevamo come assodati. Il lavoro, le relazioni interpersonali, l’intrattenimento ed anche il mondo dello sport, qualunque esso sia. Molte, infatti, sono le manifestazioni sportive che, a seguito della pandemia da Covid-19, sono state sospese, annullate o rimandate. Basti pensare ai tornei del Grande Slam in ambito tennistico, alle Olimpiadi di Tokyo o all’Europeo di calcio che avrebbe dovuto prendere il via da Roma il prossimo 1 giugno, solo per citarne alcuni.

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Proprio rimanendo nel settore calcistico e guardando un po’ di più in casa nostra, da giorni sta tenendo banco, anche con toni piuttosto aspri e accesi, un quesito: la Serie A deve ripartire o no? La massima divisione calcistica del nostro Paese è stata tra le prime competizioni a fermarsi, visti anche i forti focolai che si sono sviluppati, a cavallo tra febbraio e marzo, nel nord Italia. Ora però, a quasi due mesi dallo stop forzato, c’è chi sta premendo per tornare in campo.

Il più acceso sostenitore di tale posizione è sicuramente Claudio Lotito. Il Presidente della Lazio, infatti, ha più volte dichiarato che il campionato deve essere portato a compimento e (appoggiato anche dal Patron del Napoli, Aurelio De Laurentiis) si era detto pronto a far tornare la squadra ad allenarsi. L’interesse personale di Lotito – con la Lazio lanciatissima in classifica e ad una sola lunghezza dalla Juventus capolista – è senza dubbio un carburante importante per tale idea, ma siamo sicuri che i rischi da correre siano bassi o, quantomeno, accettabili? Certo, da una parte dobbiamo ricordarci che il calcio non è fatto solamente da atleti miliardari, ma anche da tante altre persone che, dietro le quinte, portano avanti un gigantesco movimento (inservienti, magazzinieri e similari) a fronte di stipendi tutt’altro che faraonici. Dall’altra, però, va analizzato il rientro all’attività in uno sport che fa del contatto fisico – proprio quello che ci è stato chiesto di evitare durante questo periodo – uno dei suoi cardini.

Nei giorni scorsi la FIGC, dal canto suo, ha siglato un protocollo per la ripresa degli allenamenti – anche se una data ufficiale ancora non c’è, ma si ipotizza possa essere comunque successiva al 3 maggio. Le squadre dovranno essere divise a gruppi di lavoro, soggiornando in una struttura unica e non utilizzando gli spogliatoi per fare la doccia tutti insieme dopo gli allenamenti. Accorgimenti che, per ora, appaiono necessari. Ma, anche a fronte di tale documento, si potrà garantire la sicurezza dei singoli calciatori, allenatori o inservienti che sono al seguito delle squadre? Il mondo della medicina, in tal senso, ha espresso un parere tutt’altro che favorevole. «È uno sport che prevede contatti e il rischio di trasmissione c’è. Ho letto di protocolli sanitari particolari e mi sembra un’ipotesi un po’ tirata. Se dovessi dare un parere adesso non sarebbe positivo. Poi è la politica a decidere. Questo è un mio parere personale» ha dichiarato Gianni Rezza (Direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità e componente del comitato tecnico scientifico nominato dal Governo), salvo poi correggere – leggermente – il tiro: «Tra un mese si potrebbe ripartire, ma con misure rigorose». Più duro, invece, il Prof. Enrico Castellacci (Presidente dell’Associazione italiana medici del calcio ed ex responsabile medico della Nazionale italiana di calcio): «Vedo difficile fissare la ripresa del campionato per il 30 maggio. A 15 giorni dall’eventuale ripresa degli allenamenti sembra un po’ troppo presto pensare alla ripresa del campionato, per di più di fronte ai tanti morti che ci sono stati e ci sono ancora a causa del Coronavirus».

Allontanandosi un po’ dai discorsi accademici, scientifici e medici specifici, vanno seguiti anche altri ragionamenti. In una possibile ripresa delle attività, come si potrebbe fronteggiare l’evenienza di disputare una partita di Serie A in città fortemente colpite dal coronavirus come Bergamo, Brescia o Milano? Spostare la sfida in campo neutro risulterebbe essere la risposta più ovvia e semplicistica, ma è lapalissiano che, al contempo, le squadre ne subirebbero un grave danno. Inoltre, tutti quei giocatori che hanno contratto il virus – come ad esempio gli juventini Daniele Rugani e Blaise Matuidi o il sampdoriano Manolo Gabbiadini – con quale forma fisica si ripresenterebbero in campo? Testimonianze dirette, infatti, ci fanno sapere che il virus, anche se debellato, lascia segni importanti sull’integrità fisica, almeno nei primi mesi post trauma.

Alla situazione fisica dei calciatori, va affiancato anche un altro quesito. Nel caso in cui la stagione di Serie A ripartisse a metà o a fine maggio, i match si protrarranno, inevitabilmente, almeno fino a luglio o agosto. E qui nasce il problema contrattuale. La FIFA, il massimo organismo calcistico mondiale, ha già fatto sapere che non ci saranno proroghe per i contratti dei calciatori in scadenza il prossimo 30 giugno. Molte compagini italiane, quindi, si troverebbero a fronteggiare l’ultima parte di stagione senza poter contare su alcune pedine tattiche, magari anche fondamentali.

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Tanti interrogativi, dunque, ai quali rispondere. La mancata conclusione della Serie A 2019/2020, senza dubbio, potrebbe provocare un forte danno economico per molti. Ma, a fronte di tutto ciò che abbiamo elencato, siamo sicuri che l’integrità fisica sia garantita e, al contempo, anche la regolarità del campionato stesso?

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