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Riforma del calcio italiano, sicuri che funzioni?

di Matteo Spinelli

Il Mondiale 2014, oltre a portare ad una dolorosa seppur, per molti, già scritta eliminazione prematura per l’Italia, ha segnato anche una svolta all’interno della FIGC. Se positiva o negativa potrà dirlo solo il tempo, fatto sta che dopo 7 anni di presidenza di Giancarlo Abete, la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha dato il benvenuto a Carlo Tavecchio. Classe 1943, l’ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti è stato, non senza dissensi, a discapito di Demetrio Albertini. Placate, anche se forse solo in pare visto che Uefa e Fifa sono sempre vigili, le polemiche per la battuta razzista su Optì Pobà, il regno di Tavecchio sembra essere costellato comunque di scelte poco felici. “Apriamo la stagione con una nuova governance federale, una nuova stagione delle riforme, della modernizzazione della Federazione e dell’organizzazione federale con criteri moderni e sburocratizzati. Abbiamo la necessità di rendere la federazione più vicina a chi ne fruisce” ha detto Tavecchio, avendo già in mente alcuni punti progettuali che dovrebbero divenire dei propri capisaldi. Il primo punto, suggerito da Claudio Lotito (ormai divenuto l’ombra del presidente federale…), riguarda la riduzione delle rose a massimo 25 giocatori. In questo modo, scimmiottando un po’ la cultura spagnola, si pensa che le selezioni per le squadre saranno più ricercate, con più attenzioni verso i vivai. La teoria, come nelle più grandi corrente filosofiche, farebbe intendere in una cosa giusta, ma la teoria, si sa, va poi applicata. In tal senso la preoccupazione è legata al fatto che sempre più giovani dei vivai sono si italiani, ma solamente naturalizzati per aggirare le leggi create ad hoc dalla FIGC. Inoltre molte squadre saranno costrette, in tempo minimo, a smaltire tutti i giocatori in eccesso, correndo anche il rischio di ritrovarsi giocatore in rosa (quindi stipendiati) che all’occorrenza non possono essere utilizzati. Altro punto programmatico sarà l’attuazione del Fai Play finanziario anche in Italia. Così come per le rose a 25 giocatori l’innovazione non c’è, ma solo il fugace tentativo di copiare qualcosa già attuato (seppur solo in minima parte) dall’UEFA. Il nuovo programma federale sembra quindi più un raccimolare idee un po’ ovunque tentando di radicarle nel sistema calcio italiano, che una vera e propria programmazione per far tornare il Belpaese ai vertici del calcio mondiale. E’ curioso poi vedere come l’unica cosa che andrebbe ripresa dai campionati esteri, ovvero l’introduzione di un Campionato Riserve, sia invece sostituita dalla creazione della “Multiproprietà”, ovvero la possibilità di mantenere, da parte dei presidenti, più club nella stessa Federazione. “Sulle multiproprietà – afferma Lotito – c’è disinformazione. Danno la possibilità di far coesistere la valorizzazione dei giovani, l’aumento dei ricavi e la tutela sociale del territorio mentre le seconde squadre porterebbero a un raddoppio dei costi e a una sperequazione territoriale”. Il tutto potrebbe sì far aumentare la possibilità di coltivare giovani talenti, ma anche aumentare la cultura del sospetto nel caso di scontri tra le due società, in un calcio già costellato da Calciopoli, Scommessopoli e scandali vari.

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