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Finanza, "in Italia manca consapevolezza. I risparmiatori devono trasformarsi in investitori"

Finanza, "in Italia manca consapevolezza. I risparmiatori devono trasformarsi in investitori"

Gli esperti di "Economia Sotto l’Ombrellone" parlano degli strumenti per ripartire dopo il Covid

di Silvia de Mari

MILANO - «In una situazione di totale incertezza sugli sviluppi futuri della pandemia, di estrema volatilità dei mercati e di perdurante guerra commerciale fra Usa e Cina che mette in mezzo anche l’Europa, da un adeguato utilizzo dei molteplici strumenti finanziari può arrivare un notevole aiuto alla ripartenza delle aziende e alla gestione di lungo periodo dei risparmi e degli investimenti privati. In Italia, purtroppo, però, sia fra gli imprenditori, sia fra i cittadini manca un adeguato livello di conoscenza della finanza per cui è fondamentale da un lato rivolgersi agli esperti, dall’altro che si dia vita a un grande piano di formazione economico-finanziaria a tutti i livelli che ci consenta di colmare il gap esistente con altri Paesi». Lo hanno affermato i tre relatori del terzo e ultimo incontro dell’edizione del decennale di “Economia sotto l’ombrellone”, la rassegna organizzata a Lignano Pineta (UD) dall’agenzia di comunicazione Eo Ipso: Mario Fumei, consulente finanziario e private banker, Paola Pallotta, managing director di Capital Group e Cristian Vida, presidente di Confidi Friuli.

LA FINANZA PER RIPARTIRE - Confrontandosi sul tema “La finanza per ripartire”, i tre relatori, hanno, poi, ricordato come l’effetto della pandemia sui mercati finanziari sia stato molto violento e rapido, con, ad esempio, una discesa dell’indice statunitense S&P 500 di oltre il 30% in appena 29 giorni, quando per raggiungere lo stesso livello di calo nella crisi del 2007/2008 c’erano voluti oltre 8 mesi. Una situazione, dunque, senza precedenti, alla quale però, secondo i tre relatori, i governi e le banche centrali hanno risposto mediamente con celerità ed efficacia, forti anche delle esperienze precedenti, supportando immediatamente imprese e famiglie per evitare che si generasse una doppia paralisi, sia dell’offerta che della domanda.

L'EUROPA - Per quanto riguarda l’Europa, poi, la risposta dell’Ue, con il Recovery Fund e le altre importanti misure adottate per far fronte a una crisi del tutto anomala è stata così forte da far tramontare, secondo Vida, Pallotta e Fumei, qualsiasi previsione di uno scioglimento dell’Unione o di rinuncia alla moneta comune (l’Euro) e da far sperare che prossimamente si possa arrivare a una più stringente unione bancaria e fiscale che i tre relatori ritengono quanto mai necessaria. Un rafforzamento dell’Unione fondamentale anche per far sì che «in uno scenario di guerra commerciale fra Usa e Cina che durerà per almeno il prossimo decennio, l’Europa possa essere l’ago della bilancia e non il tipico vaso di coccio fra due vasi di ferro, uno dei quali, la Cina, molto aggressivo e con una approccio al mercato ancora molto lontano dal nostro».

LA POLITICA - In questo scenario un ruolo fondamentale spetta anche ai decisori politici italiani che dovranno, secondo i tre relatori dell’incontro moderato dal giornalista Carlo Tomaso Parmegiani, essere in grado di progettare un grande piano di riforma del “sistema Italia” con l’utilizzo del Recovery Fund (che vede l’Italia come il Paese maggiormente beneficiato) per far sì che ci sia una potente ripresa del Pil. «Non va, infatti, dimenticato – hanno ricordato Vida, Pallotta e Fumei – che le tante misure messe in campo stanno facendo esplodere il rapporto fra debito e Pil in tutti i Paesi, a cominciare dall’Italia, e che l’unico modo per ridurli realmente è agire sul lato della crescita». «Speriamo – ha aggiunto provocatoriamente Fumei – che sull’utilizzo del Recovery Fund vigilino i “falchi” olandesi per evitare che questa montagna di finanziamenti vada sprecata come, purtroppo, è successo in passato nel nostro Paese».

SITUAZIONE NAZIONALE E LOCALE - Sulla situazione nazionale e locale si è concentrato il presidente di Confidi Friuli e imprenditore del settore alimentare, Cristian Vida, secondo il quale: «La situazione delle aziende in Italia e in Fvg, salvo alcuni settori – ha affermato – è molto difficile. La nostra regione, in particolare, essendo da sempre vocata all’esportazione (pari al 65% del Pil regionale) sta risentendo molto delle complicazioni generatisi su molti mercati esteri e nel primo semestre 2020 il Pil regionale ha fatto segnare calo del 10,4%. Certamente l’Italia ha avuto il merito di saper reagire brillantemente alla pandemia, quando tutti nel mondo ci prendevano per matti, e questo ci dà qualche speranza in più per il mercato interno, ma oggi siamo preoccupati dalla mancanza di velocità degli interventi strutturali sui temi ben noti che rallentano l’attività di impresa e la crescita. Interventi che devono essere immediati perché altrimenti rischiamo di perdere molte imprese non per mancanza di mercato o di business, ma per stanchezza e per mancanza di prospettive. Oggi gli strumenti per andare avanti ci sono tutti e noi come Confidi Friuli stiamo facendo tutto il possibile per sostenere un aumento delle domande che è stato esponenziale, ma se gli imprenditori perdono la fiducia, non c’è strumento che tenga. L’Italia – ha continuato – sta accumulando un debito enorme e l’importante che lo utilizzi per cambiamenti strutturali e non per concedere solo bonus e sussidi perché di sussidi si muore. Paragonando l’Italia a un’impresa, dobbiamo fare sì che i finanziamenti che ci arrivano servano per il futuro, per realizzare le condizioni che permettono di creare un futuro margine di guadagno e non per finanziare l’immediato, il circolante. Gli investitori, infatti, per investire nel nostro Paese vogliono vedere un progetto di lungo periodo. Noi come Confidi - ha concluso –, agendo sul territorio, stiamo adottando tutti gli strumenti per aiutare le imprese a superare il momento difficile e a garantire l’occupazione, ma come imprenditori dalle politiche nazionali ed europee ci aspettiamo una visione di più lungo periodo».

APPRIO AGLI INVESTIMENTI - Paola Pallota ha portato l’analisi di Capital Group sulla situazione generale e ha parlato di approccio agli investimenti ai risparmiatori «che – ha detto - devono imparare a pensarsi sempre più come investitori perché lasciare i soldi fermi sul conto corrente, come purtroppo fanno ancora in tanti, oggi equivale a garantirsi una perdita nel medio-lungo periodo». La ripresa dei mercati è già in corso, secondo la relatrice, ma quella dell’economia sarà «molto più lenta e quindi l’entità e la durata degli interventi di supporto sia in termini di politiche monetarie che fiscali dovranno essere tarate strada facendo per evitare che interventi eccessivi e troppo lunghi possano portare ad uno scenario inflattivo o, dall’altra parte, se troppo brevi e non adeguati possano indurre l’economia in un territorio di depressione». In questa situazione, il consiglio di Paola Pallota per i risparmiatori è di cambiare pelle trasformandosi in investitori perché «i nostri risparmi sono la nostra sicurezza per il futuro, ma è molto importante la pianificazione e la programmazione. Farlo da soli è molto difficile, è cruciale essere accompagnati da un consulente finanziario, un professionista che ci aiuti ad individuare i nostri obiettivi e quindi a strutturare i nostri investimenti per raggiungere questi obiettivi, restando aderenti alla nostra pianificazione iniziale, curando la disciplina nei nostri investimenti e aiutandoci a diversificare adeguatamente. Se si sa, infatti, guardare a un periodo medio-lungo la storia ci dice che non esiste il momento giusto per accedere ai mercati finanziari, soprattutto quando si parla di azioni. Ciò che conta non è quando, ma per quanto tempo: un investimento azionario ben diversificato si riduce la probabilità di perdita mantenendo l’investimento nel tempo. Tempo, disciplina e diversificazione sono le regole d’oro per l’investimento di successo».

LE IMPRESE - Mario Fumei, dal canto suo, ha ribadito la necessità di aumentare «la cognizione di causa da parte delle imprese, soprattutto quelle piccole e piccolissime, su ciò che si può fare con i nuovi strumenti finanziari in alternativa alla finanza tradizionale e ai prestiti bancari che in Italia hanno ancora un peso eccessivo sul totale degli strumenti di finanziamento aziendali». Successivamente, il consulente finanziario e private banker ha suggerito ai presenti di: «Tenersi lontani dalle obbligazioni governative dei Paesi sviluppati che oggi hanno tassi di rendimento negativi o comunque bassissimi e di valutare, considerando la debolezza del dollaro alcuni bond di Paesi emergenti asiatici. Interessanti potrebbero essere anche le obbligazioni subordinati bancarie europee che riguardano banche di primario interesse che hanno lo scudo della Bce. Sull’azionario, invece – ha aggiunto -, il problema è dato dalla scarsa possibilità di fare previsioni a breve-medio termine visto le tante incertezze sanitarie, politiche ed economiche attuali. Serve, quindi, allungare il periodo di investimento, diversificare al massimo, oltre che in azioni e obbligazioni anche in strumenti che investono nell’economia reale o in materie prime preziose, e, soprattutto, facendosi aiutare da esperti ad avere un portafoglio adeguato alla nostra propensione al rischio».

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