ROMA - L’Union Jack è stata ammainata a Bruxelles: il Regno Unito è ufficialmente fuori dall’Unione Europea. In un mondo che pone sempre più barriere e confini, ora se ne dovrà creare un altro in un’Europa sempre più divisa. Il “Brexit Day” è giunto.
LA FINE - Si è chiusa, così, una pagina di storia lunga quasi mezzo secolo, dal 1973 a oggi. Il rumore di fondo è quello del boato della folla festante a Londra che con un countdown segna «l’alba di una nuova era» come definita dal premier Boris Johnson. A contrapporre le urla festanti, il dolore di un’altra parte di popolo che questo epilogo non lo avrebbe voluto.
IL PREMIER - Nei libri di storia rimarranno impresse le parole di uno dei grandi rappresentanti di questi anni, l’attuale Primo Ministro Boris Johnson che, ottimista, richiama all’unità del Paese. La scelta dell’addio è stata «sana e democratica», sancita per «due volte dal giudizio del popolo». Ha, quindi, spronato i cittadini a «scatenare il potenziale» di una nazione che ora deve riprendersi in mano il proprio destino. Una nazione che ha bisogno, in questo momento, di tanto ottimismo per combattere le proprie incertezze.
LA LACERAZIONE - Se Johnson punta all’unità, c’è chi già richiama alla secessione. Dalla Scozia, infatti, c’è chi vorrebbe proporre un nuovo referendum per uscire dal Regno Unito e rientrare in Europa. Nicola Ferguson Sturgeon, primo ministro scozzese, ha già dichiarato che la Scozia tornerà alle urne per sancire il proprio destino che potrebbe allontanarsi da quello della vicina Inghilterra. La storia di Brexit, quindi, potrebbe conoscere un nuovo capitolo, quello che potrebbe portare a un nuovo divorzio, che stavolta potrebbe essere ancora più doloroso.
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