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Il Teatro delle Ariette riceve il Premio della Critica 2020

Il Teatro delle Ariette riceve il Premio della Critica 2020

Per l'occasione il teatro lancia un dialogo pubblico epistolare per continuare ad alimentare la relazione con il pubblico

di Silvia de Mari

BOLOGNA - Il Teatro delle Ariette si aggiudica il Premio della Critica 2020 dell’Associazione Nazionale Critici di Teatro, svoltosi sabato 5 dicembre con una diretta facebook dal Teatro Mercadante di Napoli mentre la consegna in presenza avrà luogo a Roma la prossima primavera. Il prestigioso riconoscimento va al Teatro delle Ariette con la seguente motivazione: “Al Teatro delle Ariette, gruppo storico ed eroico di teatranti e contadini che fondano nella concretezza materiale dell’esperienza e delle tradizioni della loro terra la loro voce teatrale".

L'INIZIATIVA - Nell’attesa che il Teatro in mezzo ai campi in Valsamoggia, possa tornare ad ospitare i suoi spettatori e che si possa ricominciare a fare teatro, in questo tempo sospeso e così pieno di domande, il Teatro delle Ariette lancia un’iniziativa per mantenere viva la relazione e il dialogo con il suo pubblico attraverso un’Assemblea di Lettere: un dialogo pubblico in forma epistolare, per continuare a stare in contatto e condividere pensieri e azioni. Agli spettatori viene chiesto di inviare una lettera, in cui scrivere come si sta trascorrendo questo momento e quale futuro si immagina.

IL FUTURO - «Per quanto riguarda il futuro - scrivono - alle Ariette ci sono tante cose da fare e sicuramente non ci annoieremo. Il grano l'abbiamo già seminato, ma dobbiamo sistemare i campi, gli alberi, le siepi, dobbiamo fare legna e pulire il bosco, occuparci degli animali e programmare le rotazioni, i trapianti e le semine primaverili. Tutte queste cose si possono fare, il teatro no. Abbiamo anche avuto il sentore che questa sospensione non sarà breve, che forse si potrà riaprire a marzo o a maggio. Se l'emergenza Covid dovesse durare a lungo, dovremmo pensare di rinunciare nella nostra vita allo spettacolo dal vivo, al teatro, ai concerti. Dovremmo smettere di stringerci la mano, abbracciarci, mostrarci a viso scoperto. Dovremmo vivere nella paura che tutto quello che tocchiamo sia sporco, contaminato, avvelenato. Facciamo fatica a immaginare una vita così. Siamo confusi, disorientati. Nessuna promessa di ristoro può ristorarci, perché quello che ci manca davvero non sono i soldi ma la vita. Cosa dobbiamo fare, spettacoli in streaming? Web radio e web tv? Inventare qualcosa di nuovo? Videoconferenze? Tacere e aspettare? Darci alla scrittura? Praticare la disubbidienza civile? Stare alle Ariette e pensare soltanto ai nostri campi? Tornare a essere contadini e basta? Avremmo tanto bisogno di parlare con voi, come abbiamo fatto questa estate, nei campi delle Ariette, attorno al testo di Catherine Zambon "E riapparvero gli animali", ma oggi non si può fare.»

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