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Indetto sciopero braccianti il 21 maggio contro il Decreto Rilancio

Indetto sciopero braccianti il 21 maggio contro il Decreto Rilancio

Lo ha annunciato USB Lavoro Agricolo: «Il governo ha deciso di preoccuparsi delle braccia e non della salute delle persone»

di Giacomo Zito

MILANO – «In un contesto di pandemia ciò che bisogna garantire è la salvaguardia della vita degli esseri umani, patrimonio di incommensurabile valore. L’Italia ripartirà davvero soltanto se riusciremo a tutelare il diritto alla vita. Cosa che non fa il Decreto Rilancio con l’articolo 110 bis dedicato alla regolarizzazione. Per questi motivi, USB Lavoro Agricolo proclama per il 21 maggio lo sciopero degli invisibili, che chiedono solidarietà ai contadini/agricoltori schiacciati dai giganti della GDO e ai consumatori che hanno diritto a cibo eticamente sano. Perché è questo il punto: nelle campagne a mancare sono proprio i diritti degli agricoltori, dei contadini e dei braccianti, che siano italiani o no». Con questo comunicato l’Unione Sindacale di Base (USB) ha annunciato lo sciopero dei braccianti del prossimo 21 maggio in protesta al Decreto Rilancio.

UNA QUESTIONE NAZIONALE - «Nessun medico - scrive l’Usb - ha mai chiesto a un paziente che arriva in ospedale se ha un rapporto di lavoro o una promessa di rapporto di lavoro: lo cura e basta. Il governo ha invece deciso di preoccuparsi delle braccia e non della salute delle persone. Il governo ha deciso di preoccuparsi della verdura che rischia di marcire nei campi e non dei diritti delle persone. Non è nemmeno una questione tra italiani e migranti, perché il 9° rapporto del Ministero del Lavoro sull’occupazione dice che l’82% dei braccianti sono italiani».

LA MANCATA RISPOSTA - «Con il Decreto Rilancio - spiega l’Usb - restano inascoltate le grida di dolore degli invisibili, dei dannati dei decreti sicurezza e della Bossi-Fini. Per tutelarsi dal Covid-19 chiedevano il rilascio del permesso di soggiorno per tutti, convertibile per attività lavorativa, che consentisse loro di iscriversi all’anagrafe e di avere un medico di base. Il governo ha scelto invece di non accogliere gli appelli disperati provenienti dalle zone rurali e dalle periferie metropolitane».

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