Reality show: come si spiega così tanto successo?
ROMA – Per provare a rispondere alla domanda di cui in epigrafe occorre, opportunamente, partire dalla definizione di reality show ossia, secondo il vocabolario on line Treccani, un «Programma televisivo di intrattenimento, basato su situazioni ispirate alla ‘realtà’ vissute da persone comuni (…) e in cui le telecamere riprendono 24 ore al giorno la vita quotidiana di un gruppo di persone (…)», che interagisce «(…) con il pubblico, chiamato a votare per i vari protagonisti».
Entrando subito nel merito della domanda formulata, il segreto del successo del reality show risiede, a parere di chi scrive, proprio in quello che si ricava dalla sua definizione e che consiste, a ben vedere, in ciò che lo differenzia da una fiction televisiva: una volta spenta la TV, con quest’ultima, per quanto coinvolgente possa essere, il telespettatore torna alla realtà, mentre, con il primo, continua a credere di aver visto uno spaccato di vita reale e autentica, spacciato per vita vissuta, ma chiaramente costruito a uso e consumo dello spettacolo televisivo. Ed è proprio il grado di credibilità che il telespettatore attribuisce al reality, nonostante le spesso evidenti contraddizioni con la realtà, che determina, insieme alle caratteristiche/peculiarità dei personaggi coinvolti (personaggi che, è bene ricordarlo, sono resi tali solo dalla TV) e delle vicende trattate, il maggiore o minore successo dello stesso.
Ma per spiegare come mai, a distanza di oltre vent’anni dall’ingresso nel nostro Paese, i reality show ancora oggi riscuotono un grande successo, continuano a popolare i palinsesti delle principali reti televisive, dispongono talvolta addirittura di un canale dedicato, evidentemente non è sufficiente limitarsi alla spiegazione di cui prima ossia quella secondo cui si tratta di una macchina di intrattenimento basata sulla realistica messa in scena di elementi/fattori che muovono e condizionano le nostre relazioni sociali nei più disparati contesti della vita quotidiana, quali l’amicizia, la competizione/rivalità, l’attrazione sessuale, il tradimento, i disturbi ossessivo-compulsivi.
Una analisi più attenta dei reality show, infatti, fa ritenere a studiosi della materia che, oltre alla curiosità da dimensione spettacolare e/o da esperimento sociologico, vi sia qualcosa in più, che finisca per attrarre il telespettatore e che consista nel fatto che il medesimo assuma la veste di soggetto attivo nel partecipare al programma e nel giudicare, sulla base della propria esperienza quotidiana, i protagonisti del reality stesso.
Diversamente detto, in tale ottica i reality show si collocano sullo stesso identico terreno dei social network, che devono il loro successo alla capacità di offrire uno strumento con cui, attraverso la mediatizzazione della vita quotidiana, si soddisfa la fame, il bisogno di riconoscimento sociale, si costruisce la propria identità. Ma anche il modo mediante il quale si manifestano a una platea indefinita e non selezionata di persone e si condividono con la stessa, le proprie emozioni, i propri stati d’animo, i propri sentimenti, al punto che si parla di una nuova forma di alfabetizzazione emotiva, che trasforma in un fatto, in un evento pubblico il nostro io.
Insomma una chiave di interpretazione complessa, non scontata, quella del successo dei reality show, ed è per questo che, a conclusione dell’articolo, si ritiene utile dare voce a due distinte riflessioni sugli stessi, svolte, la prima, da un telespettatore occasionale e distaccato, la seconda, da una telespettatrice abituale e coinvolta.
“Una forma di contemporaneo voyeurismo – dice Mario E. – di curiosità eccessiva per l’osservazione di fatti e comportamenti umani, privati e personali. Più esattamente, si è passati dall’osservare, dallo sbirciare i fatti che accadono nei dintorni di casa dalle alette, dalle feritoie di ventilazione delle persiane, all’occhio di una telecamera che, parimenti e in forma più diffusa, attraverso il filtro della televisione, apre una finestra sulla vite di persone diverse, consente di soddisfare quella curiosità morbosa che possiede ogni essere umano quando gli è consentito di entrare nelle vite degli altri pur non partecipandovi realmente, di “trapassare”, attraverso il buco di una serratura misurata in pollici, la loro privacy/riservatezza, di pettegolare alle loro spalle senza conseguenze. E, naturalmente, l’interesse è tanto più ossessivo quanto più pruriginose ed eccitanti, per personaggi coinvolti e contesti di riferimento, sono le vicende che si osservano”.
“La forza di questi programmi – afferma Maria (nome di fantasia) B. – che non sono reali e che seguono un copione ben definito, è costituita dalla continua evoluzione delle storie dei protagonisti, evoluzione che spesso ci lascia sulle spine e ci mostra ciò che vogliamo vedere. Inoltre, nei protagonisti spesso capita che riconosciamo caratteristiche della nostra personalità, che fa scattare un meccanismo/processo di identificazione, di immedesimazione, di empatia. E poi diciamolo, in fondo i reality sono dei programmi leggeri, una pausa dai problemi della vita quotidiana, che riescono a farci rilassare e divertire anche in momenti particolari come quello che stiamo vivendo, che soddisfano il nostro bisogno di avere dei sogni e di credere che quello che si vede possa capitare anche nella vita reale”.