Coppa Davis: magico Sinner! Magica Italia!

MALAGA – È un po’ come quando in una partita di Champions League si incontra il Real Madrid ossia la squadra che detiene il record assoluto di vittorie (ben 15) nella massima competizione calcistica europea, che arriva quasi sempre almeno alle semifinali della stessa: la storia, il blasone, il mito e la leggenda che trasudano dalla maglia dei Los Blancos mettono in stato di soggezione e riverenza i giocatori avversari (a volte, forse, non solo loro) e, come sottolinea opportunamente qualche commentatore, la partita di Champions contro il Real non inizia mai da zero a zero.

Senza voler irritare sensibilità e rischiare rimproveri di lesa maestà, si potrebbe dire, almeno dallo scorso anno e verosimilmente anche per molti dei prossimi anni a venire, che quando la nazionale azzurra di tennis gioca la Coppa Davis parte sempre da + 1 ossia dalla vittoria certa, scontata, di Jannik Sinner, numero uno del ranking mondiale, e quindi da metà dell’opera considerato che con due dei tre punti possibili, nell’attuale edizione, si supera il turno o si vince la finale.

Che dire! Dopo un’attesa durata ben 47 anni l’Italia del tennis raggiunge e vince due finali consecutive dell’“Insalatiera” e dichiara al mondo tennistico intero che d’ora in avanti, e per molti anni a seguire, lo spauracchio per ogni altra squadra nazionale che ambisca ad aggiudicarsela sarà la squadra azzurra. E, in tal senso, come smentire il presidente del CONI Giovanni Malagò quando afferma, con una certa enfasi in un momento di contagiosa e viscerale esultanza, che l’inno azzurro «(…) è sempre di più la colonna sonora del tennis mondiale!».

Risalto cui non si sottrae nemmeno la stampa estera: «I capi del tennis», titola il quotidiano spagnolo “MARCA”, «L’Italia domina il tennis», titola la testata spagnola “AS” e la testata argentina “La Nation”, «Dominio incontestabile», scrive il quotidiano spagnolo “El Mundo”, e perfino i francesi, mai troppo munifici nei confronti degli atleti italiani, si concedono, con “L’Equipe”, il titolo «Italia sul tetto del mondo».

Una squadra, quella azzurra, guidata da un grande Capitano non giocatore, Filippo Volandri, discreto, equilibrato, abile nel motivare al meglio i suoi ragazzi e nella scelta, tolto Sinner ovviamente, di chi far giocare, ma soprattutto straordinariamente bravo a saper fare gruppo, capacità non di tutti, specialmente quando in squadra ci sono temperamenti, caratteri e personalità non sempre compatibili, e che presuppone una particolare inclinazione a relazionarsi e a confrontarsi, apertamente, positivamente e direttamente, con ciascun componente della stessa. E tutto questo affiora, traspare chiaramente quando chi sta “in panchina” realmente vive, partecipa e, a seconda dei casi, gioisce e pena per la partita del compagno di squadra, fatto questo tutt’altro che scontato in uno sport individuale come il tennis.

Un’Italia che ha vinto anche grazie a un ritrovato Matteo Berrettini, finalmente tornato – dopo lo smarrimento degli ultimi anni tra infortuni e le altrui pruriginose e gossippare curiosità – “martello” per il servizio e, in particolar modo, per la tenuta mentale e che alla fine è scoppiato in un pianto liberatorio tra le braccia di capitan Volandri; ma un’Italia che ha vinto anche grazie agli altri giocatori, Lorenzo Musetti – che, non dimentichiamolo, ai Giochi olimpici di Parigi ha conquistato la medaglia di bronzo nel singolare, diventando il primo tennista italiano a salire individualmente sul podio olimpico – Simone Bolelli e Andrea Vavassori e a tutto lo staff al seguito.

Ma è soprattutto l’Italia tennistica di Jannik Sinner, lo sportivo italiano in questo momento più conosciuto e apprezzato al mondo, capace di unire ed entusiasmare, com’è capitato in passato solo a grandissimi sportivi come Alberto Tomba e Valentino Rossi, un’intera nazione.

Si diceva prima del tennis come di uno sport individuale, che oggi in particolare si gioca a velocità pazzesche e che richiede, per competere ai massimi livelli, oltre che una straordinaria forza fisica e altri aspetti comuni ad altri sport, come precisione, destrezza, coordinazione, resistenza e acume tattico, una sempre più decisiva e risolutiva forza mentale, per assicurare, durante tutto l’arco della stagione, continuità di prestazioni e risultati.

Ed è proprio quest’ultima caratteristica, la forza mentale, che rende Sinner un giocatore assolutamente unico in questo momento nel panorama tennistico internazionale, un giocatore capace di governare mentalmente il match, le tensioni che lo caratterizzano, di trovare proprio nei momenti di maggiore difficoltà e/o decisivi energie e colpi impensabili (come quando gioca i tie break), che cura i dettagli in maniera maniacale, così come ossessiva è la perseveranza, l’impegno, in una parola la professionalità, con cui svolge quotidianamente il suo sport, la ricerca costante del miglioramento (della perfezione?!) e della sfida per persuadersi che miglioramento c’è stato.

Tutte caratteristiche, quelle indicate, che renderebbero Sinner un campione in ogni altro settore della vita lavorativa e professionale, che unite alle sue qualità umane, al fatto che la notorietà e il successo non lo hanno in alcun modo cambiato nel rapporto con gli altri, non gli hanno dato alla testa come si dice, dovrebbero, per tutti noi, costituire un insegnamento e renderlo un esempio positivo da emulare.