Caravaggio 2025: l’umanità in pittura
ROMA – “Professavasi egli inoltre tanto ubbediente al modello, che non si faceva propria ne meno una pennellata, la quale diceva non essere sua, ma dalla natura, e sdegnando ogn’altro precetto riputava, sommo artificio il non essere obligato all’ arte” (Bellori, Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti Moderni, Vita di Michelangelo Merigi da Caravaggio pittore).
Le parole che Bellori, biografo della nota Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti Moderni (1672), dedica a Caravaggio individuano immediatamente la caratteristica più significativa dello stile pittorico dell’autore lombardo: l’imitazione pedissequa della Natura, unico vero modello a cui Michelangelo Merisi guarda, sprezzante di ogni soluzione dettata dall’Arte.
Eppure, proprio questo tratto naturalistico, marchio distintivo dell’opera caravaggesca che tanto affascina e catalizza lo sguardo anche del pubblico moderno, non viene apprezzato dal biografo, che accusa Caravaggio di non possedere “né decoro, né disegno, né scienza alcuna della pittura” in quanto le forme naturali devono essere sublimate dall’Arte, non ritratte direttamente sulla tela.
Un giudizio che sembra inconcepibile agli occhi di noi contemporanei e a quelli dei tanti ammiratori che, nei secoli, sono rimasti ammaliati dalle tele caravaggesche, dalle loro luci e ombre, dai contrasti di tono e dall’umanità dei personaggi.
Proprio questo fascino magnetico guida anche i visitatori della mostra allestita a Roma in occasione del Giubileo, Caravaggio 2025, la prima dedicata interamente al pittore dopo anni (l’ultima è stata quella di Milano del 2017, Dentro Caravaggio) e che ha già raccolto un numero cospicuo di presenze (la soglia dei sessantamila ingressi prenotati è stata abbattuta già dopo poche ore dall’inizio della messa in commercio dei biglietti).
L’esposizione, in programma dal 7 marzo, fino al 6 luglio a Palazzo Barberini, è stata organizzata dalle Gallerie Nazionali di Arte Antica, in collaborazione con Galleria Borghese, con il supporto della Direzione Generale Musei – Ministero della Cultura e con il sostegno del Main Partner Intesa Sanpaolo, ed è stata curata da Francesca Cappelletti, Maria Cristina Terzaghi e Thomas Clement Salomon.
La Mostra accoglie, per la prima volta tutti insieme, 24 dipinti del maestro, disposti in quattro sezioni che illustrano la parabola esistenziale e pittorica dell’artista eterno, i suoi viaggi rocamboleschi, i contrasti della sua vita, lo sviluppo del suo stile, più luminoso, festoso e quasi goliardico nei soggetti del primissimo periodo romano, poi sempre più espressivo, sofferto, dicotomico, chiaroscurale.
Il percorso espositivo riunisce e accosta alcune delle opere più significative dell’artista, solitamente collocate in vari musei e collezioni private.
Accanto alle giovanili nature morte, capolavori del debutto romano (Mondafrutto dalla Royal Collection / HM King Charles III, Bacchino malato dalla Galleria Borghese di Roma), i
tanti dipinti della collezione Barberini (tra cui i Bari dal Kimbell Art Museum di Fort Worth in Texas, o I musici, arrivato dal Metropolitan Museum of Art di New York,), le tre tele commissionate dal banchiere Ottavio Costa finalmente riunite (Giuditta e Oloferne di Palazzo Barberini, il San Giovanni Battista del Nelson-Atkins Museum di Kansas City e il San Francesco in estasi del Wadsworth Atheneum of Art di Hartford), la splendida Santa Caterina commissionata dal Cardinal Del monte (oggi del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid), fino alle opere del periodo napoletano, di cui il Martirio di Sant’Orsola costituisce l’ultimo magnifico lascito.
Importante l’esposizione del Ritratto di Maffeo Barberini recentemente presentato al pubblico a oltre sessant’anni dalla sua riscoperta (nonostante non tutti gli studiosi siano d’accordo sulla sua autenticità- cfr Claudia Renzi) e significativamente accostato a quello più noto dedicato sempre allo stesso committente, il futuro Papa Urbano VIII.
In mostra sarà possibile ammirare anche Ecce Homo, attribuito ormai a Caravaggio, ritrovato in Spagna ed esposto recentemente, dopo varie vicissitudini, al Museo Prado di Madrid, e la prima versione della Conversione di Saulo della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, oggi nella collezione privata della famiglia Odescalchi.
Sarà interessante, inoltre, poter osservare accostate tre tele per le quali Caravaggio pare abbia utilizzato la stessa modella: le già citate Santa Caterina del Thyssen e la Giuditta che taglia la testa a Oloferne di Palazzo Barberini e la Maddalena con Marta dal Detroit Institute of Art.
Un catalogo ricco e variegato, dunque, quello che si presenta agli occhi del visitatore di Caravaggio 2025, che permette di avere un soddisfacente assaggio della parabola caravaggesca. Eppure, ancora una volta come è stato nei secoli, quello che catturerà lo sguardo dello spettatore, non sarà semplicemente la varietà del repertorio, ma andrà ricercato oltre la tela. Perché, se l’occhio viene catturato dalla verità delle forme rappresentate, dalla vividezza di colori che emergono dall’oscurità, dall’autenticità dei gesti, degli sguardi, dei particolari anche più raccapriccianti, il cuore viene rapito dal fremito che pervade le scene, dallo spirito di umanità che si offre senza riserve sulla tela e che fa sentire Caravaggio tanto più vicino e intimo, uno di noi.