La straordinaria cavalcata del Napoli di Antonio Conte
NAPOLI – Quante volte, da appassionati di calcio, ci siamo chiesti in che misura un allenatore possa incidere positivamente, in termini percentuali, sui risultati di una squadra di calcio.
Ognuno di noi avrà ipotizzato e ipotizzerà una percentuale x, basata magari sull’osservazione di elementi anche oggettivi, pur muovendo dalla consapevolezza che non esiste un metodo analitico per valutare esattamente in che misura un allenatore concorra ai successi della sua squadra, effetto che nemmeno i sistemi di AI ci consentiranno mai di soppesare.
Detta consapevolezza è poi spesso accompagnata da riflessioni varie, da parte di tifosi e commentatori che intervengono in radio e tv o che scrivono su testate/siti (in alcuni casi non si capisce in quale veste e sulla base di quali competenze/esperienze, ma non dimentichiamoci, al riguardo, che come si dice spesso il nostro è un paese con circa 60 milioni di allenatori), quali: per vincere occorrono grandi giocatori, i risultati di una squadra dipendono anche dal livello/rendimento degli avversari (verissimo, ma questo vale sempre e per tutti, poi a vincere in ogni caso è solo e soltanto una squadra) e dal fatto di essere o non essere impegnati in più competizioni (che inevitabilmente stressano, sotto molteplici aspetti, i giocatori e ne condizionano prestazioni e presenze), nonché dall’imponderabilità di diversi fattori che possono condizionare l’andamento di una stagione calcistica (episodi favorevoli, infortuni, etc.).
Per carità, tutte riflessioni e valutazioni comprensibili e ragionevoli, ma poi ci sono anche le constatazioni oggettive, che si basano su numeri e fatti concludenti, come tali difficilmente opinabili soprattutto quando si basano su delle comparazioni.
E vediamo allora quali sono alcuni dei numeri e fatti del Napoli guidato da Antonio Conte, che a tre giornate dalla fine guida il campionato di calcio di serie A con 3 punti di vantaggio sull’Inter semifinalista di Champions League e con 9 punti sull’Atalanta che da anni incanta l’Europa calcistica con il suo calcio e che solo la scorsa stagione ha stravinto l’Europa League, quindi non proprio due “squadrette”.
In sintesi, a seguire il Napoli di Antonio Conte alla 35^ giornata.
Ha la difesa numero uno dei cinque top campionati d’Europa con 25 gol subiti e il maggior numero di clean sheet degli stessi campionati, avendone collezionati ben 17, vale a dire concludendo praticamente la metà delle partite giocate senza aver subito gol.
Una riflessione su tali numeri, trasposta in interrogativi: la retroguardia ermetica del Napoli è la conseguenza del fatto che è formata da top players? Quanti dei giocatori che si sono alternati nella difesa del Napoli durante la stagione in corso giocherebbero titolari nelle più forti squadre italiane ed europee?
Si tratta naturalmente di due domande retoriche, perché è di chiarissima evidenza, anche per chi fa finta di non capire/vedere, che dietro l’equilibrio di squadra che ha determinato tale solidità difensiva con giocatori che, obiettivamente, non sono dei campioni – tolto forse il capitano Di Lorenzo che comunque da oramai due stagioni non gioca a livelli altissimi – c’è tutta la mano di Antonio Conte, capace di tirare fuori dai suoi giocatori qualsiasi residuo frammento di determinazione, concentrazione, cattiveria agonistica e applicazione maniacale, di motivarli come nessun altro e di trasmettere loro il “credo” della vittoria, oltre che capace di mettere sul terreno di giuoco abilità tattiche tremendamente concrete ed efficaci.
Ancora numeri e fatti: Conte è l’allenatore del Napoli che al suo primo anno non solo molto probabilmente sarà l’unico ad aver vinto lo scudetto (i tifosi napoletani facciano i necessari esorcismi), ma che finora ha realizzato il maggior numero di punti ossia 77, contro i 73 di Sarri (campionato 2015-16), i 73 di Ancelotti (campionato 2018-19), i 70 di Spalletti (campionato 2021-22) e i 69 di Benitez (campionato 2013-14), per parlare di allenatori affermati e riconosciuti ai massimi livelli, anche internazionali.
Qualcuno potrebbe dire sì, ma dispone di una rosa di giocatori superiore a quella dei suoi citati predecessori. Ma neanche per nulla! Nelle riferite stagioni, rispettivamente:
- Benitez disponeva di giocatori come Callejon, Jorginho, Higuain, Mertens, Hamsik, Pandev, Insigne, Albiol;
- Sarri contava sui giocatori di cui sopra, tolto Pandev ma con l’aggiunta di Koulibaly e Allan;
- Ancelotti aveva a disposizione quei giocatori di Sarri, tolto Jorginho e Higuain, ma con l’aggiunta di Fabian Ruiz, Zielinski e Milik;
- Spalletti faceva affidamento, oltre che su Ruiz, Zielinski, Koulibaly, Insigne, Mertens, anche su Osimhen, Lobotka e Anguissa.
Insomma, quelli menzionati sono giocatori che hanno fatto la storia recente del Napoli, campioni veri e ricercati, molti dei quali sono poi approdati in grandissimi club italiani ed europei.
Ma il dato che più fa riflettere è la comparazione tra il Napoli di Conte e il Napoli dello scorso campionato che, dopo essere uscito prematuramente dalle varie coppe, si è piazzato al decimo posto, totalizzando 53 punti (ossia 24 punti in meno rispetto a quelli di questa stagione, quando mancano ancora 3 partite) e collezionando ben 11 sconfitte in 38 gare.
Chi erano i giocatori del Napoli dello scorso anno? Esattamente quelli di quest’anno, con un Lukaku e un Mc Tominay in meno, ma con un Osimhen (che in una stagione per lui tormentata a causa di vicende varie, ha comunque realizzato 15 gol in campionato ossia più dei 12 attualmente segnati da Lukaku), Zielinski e K’varatskkhelia (per mezzo campionato, ovverosia il calciatore più decisivo, con lo stesso Osimhen e Kim, del Napoli dello scudetto targato Spalletti) in più.
In conclusione, anche a voler sostenere che il Napoli di questa stagione con quei cambi ci possa aver complessivamente guadagnato rispetto a quello dello scorso anno, passare dal decimo al primo posto ci sembra obiettivamente difficile da spiegare se non ammettendo che: mentre con dei “grandissimi” giocatori può vincere anche un allenatore “normale” – che, al contrario, potrebbe essere capace di non vincere o vincere poco anche con “grandissimi” giocatori e squadre abituate a vincere – per vincere con dei “buoni” giocatori occorre un “grandissimo” allenatore.