Roma, è iniziata l’era Gasperini
ROMA – Lo scorso 6 giugno l’A.S. Roma ha annunciato che fino al 2028 Gian Piero Gasperini sarà il nuovo allenatore della prima squadra e lo ha fatto attraverso una convinta e si immagina soddisfatta puntualizzazione di alcuni dei tratti più caratteristici e distintivi della carriera di questo allenatore ossia: le “tattiche innovative”, la “cultura del lavoro” e la “capacità di valorizzare i giocatori”.
Sono casuali tali sottolineature?
A parere di chi scrive no, nel senso che si ritiene che la società guidata da Dan e Ryan Friedkin ricerchi in Gasperini quanto è più mancato, con i dovuti distinguo, negli ultimi quattro anni vale a dire dal momento in cui la scelta dell’allenatore è dipesa esclusivamente dalla loro volontà e quindi da José Mourinho in avanti.
Di tattiche innovative, di valorizzazione di giocatori e, perché no, anche di cultura del lavoro, nella Roma guidata dal luglio 2021 al 16 gennaio 2024 da Mourinho – data quest’ultima del suo esonero dopo che in 20 partite la squadra di Dybala e Lukaku aveva totalizzato appena 29 punti e collezionato ben 7 sconfitte, occupando il nono posto in campionato – si è visto pochissimo, anzi praticamente nulla.
Infatti, al di là delle scontate riflessioni che possono essere fatte, in negativo o in positivo, sui ricordati due anni e mezzo di Mourinho alla Roma, il dato certo è che quest’ultima in quel periodo si è sicuramente distinta per un gioco noioso ed esasperante, fatto di continui passaggi orizzontali e all’indietro e sostanzialmente ridotto, quanto a ricerca della porta avversaria, ai lanci lunghi, alle estemporanee giocate dei calciatori dotati di maggiore estro e allo sfruttamento dei calci piazzati, che hanno costituito il vero “marchio di fabbrica” del gioco offensivo stesso.
Insomma, una Roma, quella targata Mourinho, che tirava pochissimo in porta senza peraltro mai avere una retroguardia particolarmente ermetica e che giocando male più che valorizzare i propri giocatori finiva per deprezzarli, senza contare, a proposito della cultura del lavoro, che mai in campo quella Roma dava l’idea di una formazione dominante sul piano atletico e del dinamismo.
A Mourinho faceva seguito la dignitosissima esperienza di Daniele De Rossi che raddrizzava decisamente, numeri alla mano, la situazione ereditata dal primo, portando la Roma al sesto posto finale con una media punti che, se realizzata dall’inizio, sarebbe valsa il terzo posto in campionato e con un gioco che, quantunque non entusiasmante, era decisamente più apprezzabile. Una parentesi, quella di De Rossi, contrassegnata da due chicche: la soddisfazione di raggiungere le semifinali di Europa League dopo aver eliminato, battendolo sia fuori casa che in casa, il Milan, con cui durante l’era Mourinho la Roma aveva rimediato ben 5 sconfitte e un solo pareggio in campionato; il convincente successo nel derby di ritorno dopo che, sempre durante il periodo di Mourinho, la Roma aveva perso 4 dei 6 derby giocati, pareggiandone e vincendone uno.
A De Rossi veniva quindi fatto lo scorso anno un contratto di 3 anni, fino alla inopinata e improvvida scelta di esonerarlo dopo solo 4 giornate del campionato appena concluso; è noto tutto quello che ne è conseguito, da Ivan Juric, a sua volta esonerato, a Claudio Ranieri, l’unico, quest’ultimo, che poteva in quel momento ridare fiducia a un ambiente e a uno spogliatoio oramai allo sbando e che, anche per effetto di ciò, poteva portare la Roma al quinto posto finale con un girone di ritorno da primato in classifica.
Ora è iniziata l’era di Gasperini ossia di un allenatore che ha entusiasmato negli ultimi anni la proprietà della Roma, perché giocando un calcio spettacolare, apprezzatissimo anche in Europa, è stato capace di portare la sua Atalanta ossia una squadra di provincia il cui obiettivo era al massimo la permanenza in Serie A, in Champions League (per ben cinque volte in nove anni n.d.r.) e di vincere lo scorso anno l’Europa League, annientando in finale il Bayer Leverkusen campione di Germania, guidato da Xabi Alonso.
In un documento pubblicato sul sito ufficiale della AS Roma, dal significativo ed emblematico titolo “L’idea di calcio di Gian Piero Gasperini”, vengono passati in rassegna, in particolare, il sistema di gioco, il rapporto con i giocatori e gli allenamenti, elementi questi che rappresentano il manifesto del calcio di Gasperini, del suo modo di concepire questo gioco, e si capisce chiaramente come lo stesso presupponga la totale predisposizione mentale e fisica dei suoi calciatori: in una parola, la funzionalità degli stessi ad applicare, con determinazione, concentrazione e ferocia agonistica, il suo credo calcistico.
Ma è un calcio, quello di Gasperini, che richiede anche esercitazioni di squadra, tattica, preparazione estrema sia fisica, sia tecnica, perché solo così si può giocare ad alti livelli in modo aggressivo, veloce e verticale. Insomma, tutti ingredienti, quelli indicati, per i quali occorre che dai vertici della società all’ultimo dei componenti dello staff tecnico si navighi all’unisono nella stessa direzione, sapendo che occorre fare scelte coerenti e avendo consapevolezza che è un percorso che richiede i necessari tempi tecnici, che inevitabilmente saranno contrassegnati, come in tutti i processi di medio-lungo periodo, da inciampi alternati a momenti di euforia.
Ed è proprio qui il punto!
In un ambiente come quello romanista particolarmente umorale e instabile, fatto anche di testate e radio che 24 ore al giorno si occupano e vivono di Roma, Gasperini, che ha scelto la Roma proprio perché complicata e intrigante è al tempo stesso la sfida e per trovare, come dice lui, quell’adrenalina che a Bergamo evidentemente in parte si era sopita, avrà modo e tempo di poter adeguatamente sviluppare il suo progetto?
La risposta è affidata alla società e a Claudio Ranieri con il suo vasto ruolo dirigenziale, uno dei pochi che, per serietà, competenza e credibilità nell’ambiente, potrà giocare un ruolo importante per stemperare eventuali tensioni e attriti che dovessero affiorare, sempreché in tali momenti sappia resistere, come si augura chi scrive, alle generose lusinghe che prevedibilmente proprio quell’ambiente gli rivolgerà per farlo riappropriare del ruolo di “allenatore dei momenti critici”.