Gli Usa sferrano il loro attacco militare all’Iran
ROMA – Con l’operazione ribattezzata “Midnight hammer” (“Martello di mezzanotte”), gli aerei militari degli Stati Uniti guidati da Donald Trump sganciano bombe “bunker buster” (“demolitrici di bunker” o “perforanti”) su tre siti nucleari dell’Iran in cui era immagazzinato l’uranio arricchito, localizzati nei pressi di Natanz, Arak e Fordow, impiegando nella circostanza anche i famosi bombardieri Stealth B-2.
Gli USA, dunque, non solo sembrerebbero aver devastato il programma nucleare iraniano, ma di fatto scendono direttamente in campo nella guerra già in atto tra Iran e Israele, anche se, a riguardo, il vice di Trump, JD Vance, puntualizza che “non sono in guerra con l’Iran, ma con il programma nucleare iraniano”.
Ancora una volta, quindi, il decisionismo, la spregiudicata ma calcolata risolutezza di Trump, già esibita in altre delicate occasioni, come nel caso del conflitto tra la Russia e l’Ucraina, lascia il segno, eccome!
Naturalmente l’attacco militare USA ha determinato un forte allarme nelle diplomazie internazionali, desta grandissima preoccupazione per l’evoluzione della crisi in atto, rappresentando un cambiamento radicale dello scenario strategico in Medio Oriente, e soprattutto apre nuovi e inquietanti punti interrogativi sulle possibili reazioni dell’Iran e non solo, su tutti i fronti.
Emblematiche, in tal senso, le parole di Ali Akbar Velayati, un consigliere della Guida suprema iraniana Ali Khamenei, secondo cui: “Non c’è più posto per l’America o le sue basi in questa regione e nel mondo islamico. L’America ha attaccato il cuore del mondo islamico e deve aspettarsi conseguenze irreparabili, perché la Repubblica islamica non tollera nessun insulto né aggressione nei suoi confronti”, con la conseguenza che “Ogni Paese della regione o di altrove usato dalle forze americane per colpire l’Iran sarà considerato come un bersaglio legittimo per le nostre forze armate”.
Minacce che non spaventano certo un personaggio dalla personalità di Trump, che in un discorso alla nazione fa chiaramente intendere quale è il suo credo quando, a proposito dell’evocato decisionismo, le azioni delle diplomazie (soprattutto nel caso in cui, a suo giudizio, degli interlocutori non ci si può fidare) faticano a sortire gli esiti sperati:
“Il nostro obiettivo era distruggere la capacità iraniana di procedere all’arricchimento dell’uranio e fermare la minaccia nucleare posta dallo Stato che è il principale sponsor mondiale del terrorismo. Stasera posso annunciare al mondo che gli attacchi sono stati un successo militare spettacolare. I principali impianti di arricchimento nucleare dell’Iran sono stati completamente e totalmente distrutti”, per cui “L’Iran, il grande bullo del Medioriente, ora deve fare la pace. Se non lo fa, i prossimi attacchi saranno molto più massicci e molto più facili”, quando si dispone dei militari “… che hanno pilotato quelle magnifiche macchine stasera [e di] … tutto l’esercito degli Stati Uniti per un’operazione che non si vedeva da molti, molti decenni. Nessun esercito al mondo avrebbe potuto fare quello che abbiamo fatto stasera”.
A fronte di tutto questo, le posizioni, tra le altre, di: Pechino, che, per bocca del ministero degli Esteri, condanna fermamente l’attacco americano all’Iran e ai suoi impianti nucleari, parlando di grave violazione da parte degli Stati Uniti degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, con recrudescenza delle tensioni in Medio Oriente; Mosca, che, sempre con il ministero degli Esteri, parla di duro colpo inferto alla credibilità del Trattato di non proliferazione nucleare e del sistema di verifica e monitoraggio dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, che su di esso si basa.
Insomma, uno scenario non facile da decifrare, che rende l’area geografica interessata (ma anche i possibili siti sensibili al di fuori di essa) una vera e propria “polveriera a cielo aperto”, sebbene non siano pochi gli esperti e analisti che interpretano la mossa di Trump come la tipica mossa del “più forte”, che fa capire con le cattive ai “nemici” che non esistono alternative a quanto da lui prospettato, con la conseguenza che o si adeguano o peggiorerà la loro situazione, forte del convincimento di essere nel giusto (gli iraniani non vogliono centrali nucleari per avere elettricità ma, arricchendo il proprio uranio, perseguono l’obiettivo di dotarsi della bomba atomica, con la quale costituirebbero un pericolo per l’intera umanità, a partire dal nemico dichiarato Israele) e sapendo di poter anche contare sul sostegno del mondo occidentale.
E in tal senso, poco credibili appaiono le possibili reazioni di Teheran, sia quelle non militari (chiusura dello stretto di Hormuz, che collega il Golfo Persico con l’Oceano Indiano e costituisce una importantissima rotta commerciale per il trasporto del petrolio ovvero il ritiro dell’Iran dal Trattato di non proliferazione nucleare), sia quelle militari (Hezbollah, Hamas, milizie sciite attive in Iraq e Siria e gli Houthi yemeniti ossia forze militari su cui Teheran può contare nella regione per rispondere all’attacco militare USA).