Un selfie nel museo? Ma si dai! A farne le spese un dipinto del ‘700
FIRENZE – Prova a farsi un selfie in un museo, inciampa nei distanziatori che ordinariamente impediscono il contatto tra i visitatori e l’opera d’arte, perde l’equilibrio e, per non cadere rovinosamente, si appoggia con la mano alla tela del dipinto che avrebbe voluto immortalare insieme a sé stesso, squarciandola.
A farne le spese, lo scorso 21 giugno, il “Ferdinando dei Medici”, un’opera realizzata nel 1712 da Anton Domenico Gabbiani, normalmente conservata a “Palazzo Pitti” ma nell’occasione esposta alla “Galleria degli Uffizi”, per lo svolgimento della mostra “Firenze e l’Europa Arti del Settecento agli Uffizi”.
I danni subiti dalla tela sembrerebbero, fortunatamente, non particolarmente gravi da pregiudicarne il restauro.
Il descritto episodio, l’ultimo di una serie piuttosto estesa negli ultimi anni, riporta alla luce il tema della mania di fare meme o scattare selfie per i social ossia di un fenomeno che è sempre più dilagante e che, unitamente a una buona dose di imbecillità, vale a dire un ingrediente sempre presente al verificarsi di comportamenti sconsiderati o inopportuni, rappresenta oramai anche una seria minaccia per il patrimonio culturale custodito all’interno dei musei.
In verità, diversi anni fa (2016 n.d.r.), nel tentativo di promuovere le visite ai nostri musei attraverso una campagna di comunicazione intitolata “L’arte ti somiglia”, fu il Ministero dei Beni Culturali a invitare i visitatori a ricercare il proprio sosia tra le opere d’arte (dipinti e sculture) conservate nei musei e, quindi, a scattare un selfie accanto all’opera, creando così un confronto visivo tra la stessa e il visitatore, e a condividere il selfie sui social media utilizzando un apposito hashtag.
Riflettuta e riconsiderata oggi, dopo gli svariati episodi di danni causati a opere d’arte da visitatori di musei nel tentativo di scattare un selfie, detta campagna, allora diretta a rendere più accessibile e coinvolgente l’arte, è sicuramente da sconsigliare.
Sarebbe invece consigliabile e auspicabile favorire la conoscenza – anche attraverso comunicazioni e programmi istituzionali dedicati e soprattutto il fattivo coinvolgimento delle istituzioni scolastiche – del nostro ricchissimo e diversificato patrimonio culturale custodito all’interno dei musei, ma facendo passare il messaggio che occorrerebbe visitare gli stessi con un atteggiamento riguardoso, contemplativo, quasi spirituale, consci del privilegio che in quel preciso istante ci è concesso con la possibilità di ammirare opere che rappresentano i momenti più alti della storia dell’umanità e che offrono la possibilità di conoscere e comprendere la storia stessa.
Ed è per questa ragione che bisogna lasciare i selfie fuori dai musei, facendoli scattare altrove a chi non può farne a meno, al limite anche a proprio rischio e pericolo, come quando lo sfondo attraverso il quale ci si vuole mitizzare e perpetuare è rappresentato da un parapetto, da un torrente, da un precipizio.
In tali casi, infatti, le eventuali conseguenze negative le subisce l’interessato e si immagina chi abbia a cuore la sua sorte e non, come nel caso di un’opera d’arte che appartiene al patrimonio culturale materiale e immateriale dell’umanità, l’umanità stessa, di cui tutti noi siamo componenti.