Le missioni italiane all’estero vanno in Parlamento: pubblicato il documento delle missioni internazionali del 2025
ROMA – È stato pubblicato oggi il documento relativo alle missioni internazionali del 2025, l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo richiama l’attenzione sulle criticità legate all’impiego delle Forze Armate in un contesto internazionale sempre più complicato e imprevedibile. Il provvedimento prevede per il 2025 una spesa di circa 1,5 miliardi di euro, destinata alla prosecuzione di interventi finalizzati a obiettivi di pace, cooperazione e tutela dei diritti umani loro assegnati ma non mancano scenari di vero e proprio crisis management. Infatti, tra le missioni approvate (legge n. 168 del 31 ottobre 2024), si segnala la partecipazione a una missione NATO “ad alta prontezza”, in grado di schierare fino a un massimo di 2.867 soldati (359 mezzi militari, 15 aerei e 4 navi) da impiegare in situazioni di emergenza. Queste unità sono inquadrate all’interno delle Forze di Reazione Alleate della NATO (Allied Reaction Forces, ARF).
Per quanto concerne la guerra in Ucraina, a seguito dell’annessione russa della Crimea (2014), l’Italia partecipa già a tre missioni NATO: l’Enhanced Forward Presence (EFP) volta a stabilizzare il fronte orientale. L’Enhanced Vigilance Activites (EVA) prevede la presenza di contingenti italiani in Bulgaria, Slovacchia, Romania e Ungheria. E l’Enhanced Air Policing (EAP) nata per garantire la sicurezza dei cieli del fronte orientale della NATO.
In ambito europeo, inoltre, il nostro Paese ha preso parte alla missione EUMAM Ukraine (European Union Military Assistance Mission). Istituita dal Consiglio U.E. nel 2022, EUMAM fornisce addestramento alle Forze Armate ucraine. Nei fatti, queste missioni si traducono nella prosecuzione dell’invio di armamenti a Kiev, mentre resta inevaso l’obiettivo più “strategico” di tutti che sarebbe rappresentato dal contributo europeo a un vero processo di pace.
Sugli altri teatri di crisi, dal 2024 l’Italia ha assunto il comando della missione NATO KFOR in Kosovo con il compito di garantire la pacificazione del Paese. Oltre che nei Balcani, l’Italia ha un ruolo di peace-keeping in Medio Oriente. In Libano, i militari italiani sono impegnati in due missioni: l’operazione UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) e l’operazione MIBIL (Italian Bilateral Military Mission in Lebanon). Gli obiettivi dell’UNIFIL sono agevolare il dispiegamento delle Forze Armate Libanesi (LAF) nel sud del Paese per garantire il rispetto della Blue Line e il mantenimento di una buffer zone tra Israele e il Libano. In questo quadro, la MIBIL ha lo scopo di fornire il necessario addestramento alle LAF. Nonostante gli incidenti subiti nel corso delle operazioni dell’esercito israeliano, l’Italia continua a essere presente con il suo contingente nel Libano del Sud. Inoltre, su richiesta dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), l’Italia ha preso parte all’operazione MIADIT (Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Sicurezza Palestinesi). Sul teatro iracheno, l’Italia è attiva con la missione NATO NM-I. L’obiettivo è di offrire un sostegno al governo iracheno per stabilizzare il Paese, combattere il terrorismo e prevenire il ritorno di Daesh.
A Gaza, in seguito all’aggressione di Hamas del 7 ottobre del 2023 e all’intervento israeliano, è stata lanciata l’Operazione Levante. In quanto partecipante, l’Italia contribuisce al trasporto di beni di prima necessità alla popolazione civile di Gaza, alle cure mediche dei feriti attraverso la costruzione di un ospedale da campo e la messa a disposizione di un’unità navale medica (Nave Vulcano). L’Operazione Levante, che ha consentito il trasferimento in Italia di alcuni minori feriti a Gaza, si configura come una risposta volenterosa ma parziale in un contesto in cui il governo italiano ha mancato di assumere una posizione netta sulle violazioni sistematiche del diritto internazionale da parte di Israele con particolare riferimento alla IV Convenzione di Ginevra sulla tutela della popolazione civile.
L’Africa è il continente nel quale l’Italia è maggiormente impegnata. Tra le missioni in cui il nostro Paese è protagonista è opportuno sottolineare il programma MIASIT volto a fornire assistenza e supporto al Governo di Unità Nazionale Libico (Tripoli) attraverso l’addestramento, la consulenza e il supporto delle Forze di Sicurezza nazionali al fine di incrementarne le capacità (in particolare “nel contrasto e controllo all’immigrazione illegale”). L’Italia partecipa alla missione delle Nazioni Unite in Libia UNSMIL (United Nations Support Mission in Libya) al fine di promuovere il cessate il fuoco tra le parti così da garantire la transizione politica del Paese e il rispetto dei diritti umani. Ciò non ha impedito casi incresciosi come la mancata collaborazione del Governo italiano nell’arresto del trafficante libico al-Masri.
Con un occhio particolarmente attento alla questione migratoria, l’Italia partecipa alla Missione Bilaterale di Cooperazione in Tunisia e alla missione NATO “Implementation of Enhancement of the framework for the South”. Inoltre, l’Italia collabora alla missione MISIN in Niger e al programma di supporto alle forze armate del Burkina Faso. Nella regione del Corno d’Africa, il nostro Paese partecipa alle missioni U.E. EUTM in Somalia ed EUMAM in Mozambico, così come è impegnata nella missione bilaterale di addestramento delle Forze di Polizia Somale e Gibutiane con particolare riferimento al contrasto della pirateria.
Osserva Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo: “Le missioni italiane all’estero costano ai cittadini e chiedono grandi energie agli uomini e alle donne che le realizzano sul campo. Il tutto in un quadro internazionale nel quale la forza militare prevale drammaticamente sulla diplomazia. Le crisi contemporanee, spesso alimentate da complessi fattori politici ed economici, non possono essere risolte sulla base della forza delle armi che, al contrario, riesce soltanto ad aggravarle. L’Italia e l’Unione Europea devono rimanere fedeli ai propri valori costitutivi. Le missioni multilaterali di pace, che contribuiscono a percorsi di pace e di dialogo, conferiscono al nostro Paese un ruolo tanto più autorevole nell’ambito internazionale quanto più aderente alla tutela dei diritti umani”.