Napoli, uno scudetto “propiziato” a suon di riti scaramantici!

ROMA – La fantastica cavalcata del Napoli di Antonio Conte nel campionato di calcio che si chiude oggi, si è conclusa in modo trionfale venerdì sera per la squadra partenopea con la conquista del quarto scudetto, il secondo negli ultimi 3 anni. Si tratta di un avvenimento, quest’ultimo, unico nella storia del nostro campionato di calcio per una squadra del centro-sud, che diventa anche la squadra ad aver vinto il maggior numero di scudetti tra quelle appartenenti a tale area geografica, superando la Roma ferma a quota 3 dall’ormai lontano 2001.

Sono stati già esposti alcuni dei numeri, dei fatti oggettivi relativi al Napoli guidato da Antonio Conte e le ragioni che oggi portano quest’ultimo a essere unanimemente riconosciuto, anche dai suoi giocatori, come il protagonista numero uno di questo scudetto, pur in presenza degli indubbi meriti della società e in particolare del suo presidente, Aurelio De Laurentis – che non brillerà per simpatia, ma che innegabilmente di calcio e gestione in senso lato di una società ci capisce eccome – e, tra i giocatori stessi, del contributo assolutamente determinante di un giocatore, lo scozzese Scott Mc Tominay, immenso per la sua universalità in campo, per la sua incredibile concretezza in ogni porzione del rettangolo di giuoco, autore di ben 12 marcature realizzate in ogni modo senza battere rigori, compresa quella da copertina in acrobazia che venerdì sera ha  decretato il successo casalingo contro il Cagliari e, con esso, lo scudetto.

Un giocatore di 28 anni che a questi livelli in effetti nessuno conosceva, che non a caso è risultato il miglior calciatore della stagione calcistica, che Conte ha utilizzato efficacemente in ogni zona del campo perché sa fare tutto e bene, come pure dice la sua carriera, nel corso della quale ha praticamente ricoperto tutti i ruoli dalla difesa all’attacco, e che il Manchester United – che non riesce più a vincere nemmeno l’Europa League lontana “parente” della Coppa Uefa, giocando oggi la Champions League le squadre che un tempo vi partecipavano –  incomprensibilmente ha ceduto al Napoli lo scorso anno a una cifra sì di circa 30 milioni, ma che dopo questo campionato rappresenta probabilmente meno della metà dell’eventuale prezzo di cessione del suo cartellino.

Ma in questa sede, in coerenza con l’annotato titolo, più che delle valutazioni squisitamente calcistiche relative al successo del Napoli, dei festeggiamenti che da dopo la partita con il Cagliari sono in corso in città e dintorni e che verosimilmente proseguiranno chissà per quanti altri giorni anche oltre gli eventi ufficiali già programmati, ci si vuole soffermare su aspetti legati a come il popolo partenopeo possa aver vissuto le settimane precedenti alla conquista dello scudetto, alla luce della mentalità e della filosofia, uniche e diverse, dell’essere napoletani, normalmente racchiuse con il termine “napoletanità”.

Si sa, infatti, che Napoli e il popolo partenopeo sono particolari, che i modi di fare, i valori, i riti e le abitudini singolari che contraddistinguono questo popolo sono al tempo stesso espressione e conseguenza della storia della Città e concorrono, in ragione della loro specificità, a renderlo assolutamente unico.

Tra i tratti distintivi della napoletanità vi è sicuramente la superstizione e, non a caso, uno dei simboli più evocativi della cultura napoletana è il classico corno, tradizionalmente di colore rosso, per proteggere dal malocchio e attirare la buona fortuna/sorte: il “Curniciello” contro le “Jatture” (il cornicello contro le scalogne), direbbe un napoletano.

Napoli, invero, è la “capitale” delle antiche superstizioni, di quelle credenze irrazionali/illogiche secondo cui vi sarebbe un rapporto, un nesso di causa ed effetto tra certe azioni e le conseguenze che ne discenderebbero. Tutto questo induce all’effettuazione di comportamenti o al servirsi di oggetti (amuleti come appunto il corno, il ferro di cavallo, il gobbetto, la corona d’aglio, etc.) diretti, a seconda dei casi, a sfuggire o a determinare eventi futuri, nella convinzione che i primi possano davvero influenzare i secondi.

La leggenda narra che il ricorso a tali pratiche sia nato o comunque si sia fortificato a Napoli quando, sul finire del XVIII secolo, il Re Ferdinando IV di Borbone, ignorando la cattiva fama da jettatore che perseguitava l’archeologo Andrea De Iorio, invitò quest’ultimo a corte felice di poter ricevere un personaggio tanto celebre e stimato nel suo campo, ricevimento che però non si ebbe mai perché il re morì il giorno successivo all’arrivo dell’archeologo.

Per rimanere al tema della superstizione, della scaramanzia e quindi ai gesti, ai riti e agli oggetti tesi ad attrarre la buona sorte o a schivare la iattura e che, inevitabilmente, per un napoletano tifoso del Napoli abbracciano anche il calcio e le vicende della propria squadra, ascoltiamo allora in quali speciali elementi propiziatori si sono tradotti per uno di questi tifosi, nelle settimane che hanno preceduto la conquista del quarto scudetto.

 

Noi tifosi del Napoli – afferma Antonio D’Acunzo, che oramai da molti anni fa il pendolare per recarsi al lavoro a Roma – non possiamo di certo sottrarci a riti scaramantici che, a ben vedere, si ripetono e caratterizzano la nostra quotidianità quando si tratta di propiziare la fortuna o di scongiurare la malasorte. In particolare, dal giorno in cui l’Inter nella corsa scudetto ha scavalcato il Napoli in classifica, personalmente ho messo in pratica quegli stessi gesti, con gli opportuni aggiustamenti, che avevano preceduto la conquista del terzo scudetto, confidando che potessero sortire lo stesso effetto”.

Da quel giorno – continua e conclude Antonio – la sveglia mattutina alle ore 5:04, anziché alle ore 5:03, con il 4 ossia il numero degli scudetti oggi vinti dal Napoli che sostituiva il 3 riferito alla possibile conquista del terzo scudetto di due anni fa e così via anche con riferimento ad altri momenti della quotidianità, come i 4 caffè consumati ogni giorno anziché i 3, la ricerca di un posto nella quarta fila della navetta aziendale in luogo di un posto nella terza, anche ricorrendo a scuse di circostanza nel caso in cui i posti in quarta fila erano già occupati. Senza contare che sono tornato a calzare le stesse scarpe che indossavo nelle settimane che precedettero il terzo scudetto e, più in generale, i capi di abbigliamento che mettevo in quelle occasioni. Certo mi rendo conto che, valutate da chi non è napoletano, queste cose possono sembrare un poco bizzarre, ma noi napoletani siamo fatti così e rifarei le stesse identiche cose qualora si profilasse la possibilità di vincere un quinto scudetto. In tale ultimo caso, l’unico elemento che mi genera qualche perplessità, a onore del vero, è legato al numero di caffè da consumare, che salirebbero a quota 5 e comincerebbero a essere non proprio conciliabili con la limitazione in termini di consumo che mi ha prescritto il mio medico. Ma il Napoli è il Napoli e sono convinto che anche lui, tifoso partenopeo, si sforzerebbe a comprendere l’esigenza”.