ROMA - “Andrà tutto bene”. Uno slogan che, da marzo, ha accompagnato quotidianamente l’emergenza generata in Italia dalla pandemia di Coronavirus. Ecco, a ben vedere lo slogan è rimasto tale, senza (purtroppo) attuarsi. Dopo tanta solidarietà sbandierata ai quattro venti, con un’Italia che (apparentemente) sembrava più unita di quanto Cavour e Garibaldi avessero mai potuto immaginare, le parole e le promesse sono rimaste vane. L’idea di una nuova ripartenza, basata su una vera unità d’intenti ad ogni livello, è un flebile e forse anche sciocco ricordo di metà marzo.
Sono lontani i tempi in cui, chiusi dal lockdown nelle nostre case, ci stringevamo intorno a città martoriate da Covid-19 come Bergamo, Milano e via dicendo. L’anatema dell’odio territoriale, come in ogni situazione, prende il sopravvento. Il lockdown, con il dovuto rispetto che si deve ad una situazione così drammatica, è sembrato l’estate del Mondiale 2006. Tutti uniti per spingere gli azzurri verso la coppa e poi, una volta conquistato il trofeo, è ripresa la guerra del tutti contro tutti.
La stessa situazione si sta vivendo in questo momento: l’unità di intenti – tra addetti ai lavori, specialisti e gente comune – ha lasciato il posto a scontri politici, dibattiti scientifici (anche con toni piuttosto accesi) e opinioni personali per portare avanti battaglie più o meno personali con tornaconti neanche troppo velati. Tutto è iniziato, ai primi di giugno, con la riapertura tra regioni. La polemica, tra un certificato di negatività ed un lockdown minacciato a livello prettamente territoriale, è infuriata subito, riportandoci alla realtà di ogni giorno: scontro politico a tutto campo. Si è andati avanti con ripicche personali, battute scambiate a mezzo social e critiche a gogo contro il proprio avversario, solo per rimarcare una mal provata superiorità.
E lo scontro – con battute anche di pessimo gusto che arrivano da Governatori di Regione divenuti dei veri e propri divi – appare solo all’inizio. Il rientro del Premier Conte da Bruxelles con “in tasca” i miliardi del recovery fund, infatti, stiamo pur certi che aprirà nuovi terreni di scontro politico.
Noi, dalle nostre case, potremmo fare ciò che ci riesce meglio: giudicare comunque e ad ogni costo, facendoci condizionare e (nel più dei casi) manipolare dai finti guru del tuttologismo all’italiana. La trasformazione da esperti virologi a specialisti di finanza europea è dietro l’angolo. Forse ci distrarrà il calciomercato, dall’altro del nostro acume sportivo, in attesa di essere tutti commissari tecnici con gli Europei dell’anno prossimo.
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