Arte culinaria espressione della cultura e tradizione contadina e pastorale: una Regione in un “Angolo”!
ROMA – Il cibo è innegabilmente un elemento di identità e scambio culturale, uno strumento di cultura identitaria, ma anche una delle vie principali per entrare in contatto con culture diverse. Infatti, se è vero che ogni cultura ha un proprio codice di condotta alimentare, è altresì vero che tale codice, fatto di profumi, sapori e colori in cucina, può essere il presupposto per uno scambio culturale tra persone appartenenti a popoli diversi.
Quello legato al cibo è un patrimonio culturale immateriale, che contribuisce a formare, nel corso del tempo, l’identità culturale, sociale ed etnoantropologica di un territorio.
A questa regola non sfugge, naturalmente, la cucina italiana, che si caratterizza per un insieme numeroso, complesso e diversificato di piatti tradizionali su base regionale, si stima oltre tremila, con un assortimento, quanto a profumi, sapori, gusti e tradizioni, difficilmente rinvenibile in altre parti del mondo. Tali piatti ci dicono di territori e della loro storia, sono rivelatori di una biodiversità, di una coesistenza di diverse specie animali e vegetali che crea un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni. Sono d’altronde le specificità del paesaggio italiano, caratterizzato da tantissimi ambienti naturali diversi, e il fatto che l’Italia è sempre stato luogo di incontro/scontro di culture diverse, che si sono mescolate e reciprocamente contaminate, che rendono i “saperi e sapori culinari” del nostro Paese assolutamente unici, esclusivi.
In tale contesto, eccelle indubbiamente la cucina abruzzese espressione della cultura e tradizione contadina e pastorale.
Una cucina spesso ispirata a materie prime povere, che riflette la varietà dei paesaggi dell’entroterra, in passato anche luogo di contatto tra popoli diversi, radicatissima al territorio, generosa espressione di sapori originari e antichi, tradotti in ricette dal fascino tanto risalente ed evocativo, quanto seducente e coinvolgente.
Di tale cucina di territorio, “agropastorale”, interprete fedelissimo, faro e punto di riferimento assoluto nella Regione Abruzzo è indubbiamente l’“Angolo d’Abruzzo” a Carsoli (AQ), subito dopo il confine con il Lazio, a circa tre chilometri dalla relativa uscita autostradale, ristorante condotto dalla famiglia Centofanti e, più esattamente, da Lanfranco e dai figli Valerio e Valentina.
Il tratto distintivo della famiglia Centofanti e, consequenzialmente, dell’Angolo d’Abruzzo, è rappresentato sicuramente dalla ricerca, quasi maniacale, della qualità nella materia prima e nella sua lavorazione, partendo dalla consapevolezza che solo in tal modo si può essere fedeli e orgogliosi custodi delle radici e del gusto dei piatti della cucina “agropastorale” abruzzese; in tal senso, non è esagerato affermare che essa applica un metodo quasi filologico nel tentativo di ricostituire, nella loro forma originale, i profumi, i sapori e i gusti di tali piatti, con l’evidente obiettivo di assicurarne la “continuità”.
Provare a passare in rassegna i piatti in argomento è per certi aspetti un esercizio inopportuno, in ragione del rischio di ignorare o collocare in sottordine alcuni di essi, ma indubbiamente i pani fatti in casa serviti insieme a olii extravergine di oliva abruzzesi, la ricotta di pecora tiepida, la frittata con gli orapi (spinacio selvatico di montagna), la scamorza alla griglia, l’emblematica parata di affettati e salumi locali (biologici e/o tutelati dai marchi di qualità) tagliati a mano, solo per rimanere agli antipasti, costituiscono, insieme alle paste fatte in casa in maniera artigianale, alle carni ricercate di agnello, pecora, maiale e vitello cotte in particolare sulla griglia, ai funghi e al tartufo bianco e nero pregiato, ad alcuni piatti poveri della transumanza, un insieme sufficientemente esplicativo e qualificato di cosa si intenda con il concetto di “continuità” prima espresso.
A conclusione dell’articolo, non poteva di certo mancare una testimonianza del capostipite dell’Angolo d’Abruzzo.
“Negli ultimi anni, il rapporto con il cibo è decisamente cambiato – afferma Lanfranco Centofanti – perché esso non guarda più al solo piacere sensoriale, ma assume anche nuove responsabilità in termini di sostenibilità nei confronti della salute e dell’ambiente. Ed è anche per questo che oggi comincia ad affermarsi, in termini di attualità e diffusione, la ricerca di una cucina di qualità, realizzata con prodotti adeguati e stagionali, attenta ai disturbi e alle tendenze alimentari dei clienti, equilibrata dal punto di vista nutrizionale e tra i gusti, i nutrienti e le consistenze, concetti questi che all’Angolo d’Abruzzo, cioè a Carsoli e quindi non in una grande città, abbiamo affermato sin dalla sua apertura, a dicembre del 1986, grazie all’intuizione, al coraggio, alla visionarietà e alla risolutezza di una donna straordinaria, mia moglie Teresa, scomparsa oramai da anni [gli occhi lucidi e la voce tremante rivelano la chiara commozione del momento e il vuoto incolmabile lasciato dalla consorte N.d.R.], il cui ricordo e la cui presenza spirituale traspare da ogni angolo di questo locale.”.
“La sensazione che avverto – dichiara il Sig. Lanfranco – è che non ci sia in tutti, mi riferisco anche ai decisori politici, la piena consapevolezza del fatto che l’enogastronomia regionale costituisce un generatore di economia che muove diversi settori, da quello agricolo e della pesca a quello del turismo, rappresenta un’ambasciatrice del territorio, un eccellente strumento di marketing per l’immagine dell’Abruzzo, proprio perché espressiva della sua cultura, in cui si fondono identità, riti, influenze, tradizioni e radici secolari.”.
“La cucina abruzzese – prosegue il Sig. Lanfranco – si esprime attraverso i piatti rigorosamente tradizionali, ma questo non significa che non possano essere creati nuovi piatti con l’utilizzo dei prodotti tipici del territorio o che non sia possibile l’attualizzazione di alcune ricette storiche, sempre che vengano conservati la qualità e i sapori dei prodotti utilizzati.”.
Non poteva infine mancare un rifermento alla cantina dell’Angolo d’Abruzzo, che pur rivolgendo particolare attenzione ai vini della Regione Abruzzo, per ampiezza e annate storiche ha ben pochi rivali nel Centro Italia, con circa 2000 etichette e 13000 bottiglie a creare profondità di cantina.
“Quella dell’Angolo d’Abruzzo è una vera e propria “banca dei vini” – conclude ridendo il Sig. Lanfranco – e d’altronde non potrebbe essere diversamente, vi è un legame di complementarità, di funzionalità reciproca tra pietanze e vini: un piatto di qualità non può non essere abbinato, accompagnato da un vino di qualità, occorre un’armoniosa sintonia tra cibo e vino. Per questo, così come per tutto il resto, a partire dall’amore, dalla passione e professionalità con cui svolgono il loro lavoro, voglio ringraziare i miei due straordinari figli, Valerio e Valentina, ma anche, tra i miei collaboratori, in particolare Walter, per il modo affabile e professionale con cui segue ogni cliente.”