Incidenti cardiovascolari nei calciatori: sono anche la conseguenza di fattori esogeni?
ROMA – Il caso, già esaminato, del centrocampista della Fiorentina Edoardo Bove ha finito per stimolare, inevitabilmente, degli interrogativi sulle cause che possono determinare l’arresto cardiaco in un calciatore professionista, per di più giovanissimo, e quindi in un individuo che, almeno sulla carta, è nel pieno della salute ed efficienza fisica, anche sotto il profilo della performance cardio-respiratoria.
A tale ultimo riguardo, c’è un aspetto che stimola la curiosità di chi scrive ed è legato al fatto che il calcio di oggi corre a ritmi infernali, con calendari compressissimi e senza sosta, con la stagione ufficiale che inizia ad agosto e termina a maggio, con molte squadre che giocano 3 partite a settimana tra campionato e coppe europee e nazionali, con le pause del campionato destinate agli impegni delle squadre nazionali in tutto il mondo, senza contare poi le appendici estive delle nazionali stesse e il fatto che a metà luglio si è di nuovo in campo per la preparazione estiva e per giocare le collegate amichevoli. Il tutto, spesso, in nome dello spettacolo, delle esigenze ineludibili dei diritti tv e degli sponsor.
Ma questo complesso sistema comporta anche, per i calciatori, continui spostamenti, viaggi lunghi, con orari strettissimi per conciliare le singole partite con la successiva, tempi di recupero insufficienti e impossibilità di svolgere allenamenti adeguati (ne sono un evidente segnale i sempre più frequenti infortuni muscolari), stanchezza e stress fisico e mentale, pressioni ambientali, esigenza di dover ricorrere, forse, a dosi eccessive di integratori alimentari per coadiuvare specifiche funzioni fisiologiche e che potrebbero influenzare, negativamente, pure i meccanismi di regolazione cardiovascolare.
Insomma, la domanda, che riflette detta curiosità, è: gli indicati fattori esogeni possono favorire l’insorgenza di incidenti cardiovascolari, possono costituire elementi scatenanti degli stessi?
La risposta a un medico, con una lunghissima esperienza alle spalle e competenze relative a più discipline mediche, il dott. Mario Evangelista.
“Gli incidenti cardiovascolari nello sport agonistico – afferma il dott. Evangelista – sono rari, ma indubbiamente di grande risonanza mediatica, anche per la notorietà degli atleti coinvolti e degli sport che praticano, il calcio su tutti per la sua popolarità. I fattori esogeni che lei indica, in particolare un’attività fisica intensa e ripetuta con una frequenza esasperata, lo stress fisico e mentale che ne consegue, possono facilitare l’insorgenza dell’evento cardiovascolare avverso, specialmente in soggetti predisposti, con patologia silente difficilmente rilevabile attraverso l’ordinaria attività di controllo. Durante l’attività agonistica, il cuore viene sottoposto a notevoli e prolungati sforzi e l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, accrescendo la richiesta di ossigeno può determinare l’alterazione del ritmo cardiaco, della perfusione miocardica, fino a scatenare l’evento cardiovascolare”.
“Quando l’evento infausto riguarda un atleta professionista – conclude il dott. Evangelista – la gente comune avverte un senso di smarrimento, si sente maggiormente esposta al relativo rischio, fa fatica a capacitarsi del fatto che può capitare a persone in perfetta forma, allenate e sottoposte a controlli medici sistematici. Ma tali circostanze, sempre drammatiche, al netto dell’accidentalità e imprevedibilità di taluni eventi, dovrebbero invece incoraggiare l’attenzione sullo screening medico sportivo, sull’accuratezza e sulla varietà dei controlli a cui sottoporre atleti che fanno sport agonistico, fino a spingerli possibilmente all’indagine genetica, nonché sull’importanza di un corretto uso delle sostanze che vengono assunte dagli atleti stessi”.