Bullismo, una manifestazione evidente di perdita di valori

ROMA – Nel precedente articolo ci si è soffermati sul deficit educativo ai valori e sulla consequenziale perdita di valori che attraversa strati sempre più diffusi della società.

Valori che pure dovrebbero appartenerci fisiologicamente se fossimo adeguatamente educati alla cittadinanza e quindi a essere cittadini responsabili, attivi, consapevoli dell’importanza della partecipazione, nel rispetto di regole, diritti e doveri, alla vita civica e sociale della comunità, per dirla, in parte, con il dettato della legge n. 92 del 2019, con cui il legislatore statale ha reintrodotto l’insegnamento dell’educazione civica nelle scuole di ogni ordine e grado, insegnamento che è sicuramente centrale all’interno del più ampio perimetro dell’educazione alla cittadinanza.

Ma la complessità della società in cui viviamo e le difficoltà, di varia natura, che nella stessa si incontrano in ogni tentativo di sostanziale veicolazione e affermazione di modelli o messaggi educativi, ci fanno chiaramente comprendere che una cosa sono i propositi che ci si prefigge, altra la possibilità che gli stessi siano trasformati in effetti pratici.

In tale contesto, uno dei fenomeni più preoccupanti, chiaramente e concretamente rivelatore della perdita di valori, è rappresentato dal bullismo. Anche in questo caso, il legislatore statale, a riprova di quanto attuale sia l’allarme sociale destato da tale fenomeno, è intervenuto dapprima con la legge n. 71 del 2017, avente ad oggetto misure di prevenzione e contrasto al cyberbullismo, e poi con la legge n. 74 del 2024, con cui, nel delegare il Governo a legiferare in materia di bullismo, ha introdotto principi contenutistici e metodologici sul tema.

La cronaca ci fornisce ogni giorno una vasta rassegna di episodi di bullismo, quali atti o comportamenti vessatori, sopraffazioni, angherie e soprusi, pressioni o violenze fisiche o psicologiche, istigazioni al suicidio o all’autolesionismo, minacce o ricatti, furti o danneggiamenti, offese o derisioni, che riguardano, nel ruolo di vittima o di bullo, bambini, adolescenti e ragazzi, per giunta a fronte di molti altri casi che spesso non emergono fino a che non si trasformano in qualcosa di particolarmente grave o in una vera e propria tragedia.

Il bullismo è evidentemente un fenomeno complesso, con degli specifici elementi/tratti distintivi, prevalentemente sociale perché legato ai gruppi, ai vissuti dei protagonisti, agli aspetti sociali e culturali in cui si originano i singoli casi.

Ma il bullismo è anche un fenomeno in cui rileva il profilo psicologico di alcune figure: il “bullo”, singolarmente inteso o in “branco” ossia quando la sua aggressività, il suo bisogno di manifestare prepotentemente dominio e autoaffermazione è condivisa da altri soggetti che assumono le vesti di gregari; la “vittima”, vale a dire il soggetto che subisce le intenzionali e reiterate aggressioni, perché spesso presenta caratteristiche fisiche, psicologiche e comportamentali che il bullo coglie come elementi di fragilità o diversità; gli “altri protagonisti”, aspetto quest’ultimo non solo identificante ma per certi aspetti più grave del bullismo, che vede sempre la presenza di terzi, di coloro che passivamente assistono o sono a conoscenza degli atti di bullismo ossia la c.d. “maggioranza silenziosa” che approva o resta indifferente agli stessi.

Ciò nondimeno nei casi di bullismo assumono particolare rilevanza anche la capacità empatica di cogliere i segnali e i campanelli di allarme, gli indicatori di sofferenza della vittima, gli effetti prodotti su questa dall’atto prevaricatore in termini di danno percepito, la tutela e la riservatezza della vittima stessa.

È proprio la complessità del bullismo nei termini prima descritti che, più di altri, ci fa comprendere come il frequente verificarsi di tale fenomeno sia indicativo di un deficit di valori universali che caratterizza la società che formiamo, e, fra tali valori, in particolare la “legalità” e il “rispetto”, che aiutano anche a comprendere e trasmettere altri valori.

È elevato istituire e celebrare il 20 gennaio la “Giornata del rispetto” e il 7 febbraio la “Giornata nazionale contro il bullismo e il cyberbullismo” quali momenti specifici di approfondimento di quella che si configura come una vera e propria piaga sociale, delle tematiche del rispetto degli altri, della sensibilizzazione sui temi della non violenza e del contrasto a ogni forma di discriminazione e prevaricazione, ma si ritorna al discorso del precedente articolo in merito all’educazione ai valori: famiglia e scuola sono i presidi essenziali per assicurare una corretta educazione e crescita dei bambini e ragazzi, soprattutto attraverso gli esempi concreti, quelli che rimangono più impressi nella loro mente e che possono giocare, perciò, un ruolo importante anche per la prevenzione e la rapida individuazione di episodi di bullismo.