Disturbi del comportamento alimentare: un vero e proprio allarme sociale!

ROMA – Il 15 marzo è la “Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla”, giornata dedicata alla sensibilizzazione sull’anoressia, sulla bulimia e sugli altri disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (da alimentazione incontrollata e non altrimenti specificati o atipici o parziali).

Sempre più frequentemente, notizie di cronaca portano alla nostra attenzione le sofferenze angosciose di persone affette da disturbi del comportamento alimentare (DCA) e quelle, naturalmente silenti ma non meno rilevanti, delle loro famiglie.

I DCA sono definiti, in ogni classificazione medica, “gravi disturbi mentali”, con la conseguenza che necessitano di trattamenti specializzati e ad alto livello di integrazione. Si tratta in ogni caso di malattie complesse, gravi e difficili da curare che, pur essendo di natura psichica, si complicano a causa degli effetti a carico di quasi tutti gli apparati, determinati, a seconda dei casi, dalla malnutrizione, dalle abbuffate o dalle condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso sconsiderato di lassativi e diuretici), dall’elevato peso corporeo frutto dell’iperalimentazione.

Queste alterazioni organiche sono accompagnate da alcuni tratti psicologici riscontrati in modo pressoché unanime nei pazienti affetti da DCA: bassa autostima, sentimenti di inadeguatezza, tendenza al perfezionismo, paura di crescere, sfiducia negli altri, difficoltà nel rapporto con sé stessi e con gli altri.

Altri fenomeni psicopatologici spesso concomitanti sono: i disturbi della percezione, i disturbi del pensiero, le compulsioni, le difficoltà di concentrazione e memoria, i disturbi dell’umore, i disturbi del controllo degli impulsi; così come sono spesso associati ai DCA l’abuso di bevande alcoliche e di sostanze psicoattive nonché la presenza di gravi disturbi di personalità.

Nei casi di anoressia, la preoccupazione per il peso e l’eccessiva importanza attribuita alla forma del corpo sono spesso la conseguenza del fatto che alla magrezza vengono associati i concetti di bellezza, successo, autoaffermazione, desiderabilità, il tutto verosimilmente amplificato dal sempre più diffuso utilizzo dei social che facilitano la diffusione di immagini irrealistiche di corpi idealizzati, di standard corporei spesso “costruiti” digitalmente o ancora l’interpretazione di certi stili di vita o di comportamento da cui scaturiscono aspettative distorte.

Recenti studi mettono in relazione i DCA con fatti, condizioni e stati delle persone che ne sono affette, evidenziando ad esempio che la diffusione è indipendente dalla classe sociale di appartenenza, che sono in aumento i casi precoci (prepuberali, premenarcali ossia che precedono la comparsa della prima mestruazione) e che casi di cronicizzazione riguardano anche l’età avanzata, a seguito della significativa presenza di fenomeni di ricaduta.

Emblematico, in tal senso, il grido di allarme lanciato in occasione della “Giornata Nazionale del Fiocchetto Lilla” dalla presidente del Consiglio Nazionale dei Giovani (CNG), Maria Cristina Pisani, secondo cui “Negli ultimi tre anni, i casi di disturbi alimentari tra i giovani sono più che raddoppiati e l’età media di insorgenza si è drasticamente abbassata, arrivando a colpire bambine e bambini di appena 8-9 anni. Anoressia e bulimia rappresentano oggi la seconda causa di morte tra i giovani subito dopo gli incidenti stradali”.

I ricordati studi evidenziano inoltre come percentuali inferiori al 50% delle persone affette da anoressia e bulimia arrivi al medico di famiglia e di queste come solo una parte arrivi a un presidio adeguato alla cura, incrementando così la tendenza alla cronicizzazione frequente nella patologia.

Il riconoscimento e la gestione di queste condizioni morbose è affidato spesso a una serie di strutture e di servizi (Dipartimenti materno-infantili, Consultori adolescenziali e familiari, Servizi per la salute mentale in età evolutiva, Dipartimenti di salute mentale, ecc.) che operano, di frequente, senza una precisa definizione dei rispettivi limiti di competenza, quindi con vuoti e sovrapposizioni e, soprattutto, senza canali precostituiti e fluidi per lo scambio di informazioni e l’attivazione in collaborazione di protocolli prestabiliti; tale frammentazione e casualità delle cure, dovute alla insufficienza di centri specializzati e di formazione adeguata degli operatori, finisce per aumentare il costo sociale e sanitario di queste patologie.

Se è vero che non è facile affrontare la complessità di un problema che investe la sfera più intima del rapporto tra la persona e il proprio corpo e, più in generale, il suo relazionarsi con gli altri, non vi è dubbio che l’attuale stato di allarme sociale imponga di abbandonare qualunque approccio demagogico, condizionato dalla tentazione di cavalcare l’onda emozionale del momento.

Se, infatti, è certamente auspicabile un cambiamento sostanziale dell’idea di un mondo in cui il successo, il facile riconoscimento sociale, la giovinezza forzosa, i canoni estetici, il bello effimero e innaturale hanno acquisito un valore smisurato e costituiscono, unitamente a una molteplicità di cause di ordine psicologico, familiare, relazionale ed emotivo, fattori predisponenti e scatenanti dei disturbi in esame, non si può tuttavia ignorare che i tempi di tale mutazione sociale sono inevitabilmente troppo lunghi.

Ed è per questo motivo che occorre affrontare il problema dei DCA promuovendo, da subito, un approccio assistenziale di tipo sociosanitario integrato e globale, rivolto alla persona nella sua individualità e interezza e se possibile alla rete delle sue relazioni. Così come, contemporaneamente, è necessario e prioritario affrontare il tema della prevenzione e del riconoscimento precoce della malattia, coinvolgendo, quando possibile, le famiglie, la rete delle relazioni e tutte le agenzie educative.