Ancora su Cassazione e “Decreto Sicurezza”

ROMA – Il tema della relazione con cui l’Ufficio del Massimario e del Ruolo – Servizio Penale della Corte di Cassazione (di seguito, breviter, “Ufficio”) rileva criticità, sia di “metodo” sia di “merito”, nel c.d. “Decreto Sicurezza” (decreto-legge n. 48/2025, convertito in legge n. 80/2025 n.d.r.), merita di essere ripreso e affrontato sotto diversa angolazione alla luce delle polemiche, peraltro prevedibilissime, che sullo stesso si sono accese.

Com’è noto, i rilievi dell’Ufficio sul “Decreto Sicurezza”, con tanto di attentissimi e dettagliatissimi rinvii alla giurisprudenza della Corte costituzionale e alla dottrina giuridica, si incentrano sul fatto che in esso mancherebbero i presupposti giustificativi della decretazione d’urgenza, ci sarebbe una estrema disomogeneità ed eterogeneità dei contenuti normativi, si profilerebbe il rischio di sanzioni irragionevoli, vale a dire non proporzionate all’effettiva gravità dei fatti-reato puniti.

Preliminarmente, per meglio inquadrare i termini della questione, appare utile evidenziare come il “Compito istituzionale dell’Ufficioè l’analisi sistematica della giurisprudenza di legittimità, condotta allo scopo di creare le condizioni di un’utile e diffusa informazione (interna ed esterna alla Corte di cassazione), necessaria per il miglior esercizio della funzione nomofilattica” che, espresso in termini più semplici, equivale a dire che tale Ufficio, analizzando in modo sistematico la giurisprudenza di legittimità e svolgendo una corrispondente attività informativa, ha il compito di facilitare una uniforme interpretazione e applicazione della legge all’interno dell’ordinamento giuridico italiano.

Tale compito istituzionale è declinato poi in varie attività, tra le quali la prioritaria consiste nella “lettura, selezione e massimazione dei provvedimenti civili e penali” e, in via correlata, nella “segnalazione dei contrasti, della avvenuta risoluzione degli stessi e degli orientamenti interpretativi della giurisprudenza di legittimità …”, ma figura pure la stesura di “relazioni, anche di ufficio, su novità legislative, specie se di immediata incidenza sul giudizio di legittimità”, a cui si riferisce chiaramente la relazione in parola, che è qualificata per l’appunto: “Relazione su novità normativa” (di seguito: “Relazione”).

È opportuno, inoltre, sottolineare che l’organico dell’Ufficio comprende sessantasette magistrati di tribunale,

un direttore, due vicedirettori e due coordinatori, per entrambi quest’ultimi ruoli uno per il settore penale e uno per il settore civile.

Dalla sommaria descrizione delle competenze dell’Ufficio, tenuto conto della sua composizione e del fatto che la Relazione è stata scritta in tempi strettissimi, alcune riflessioni ci sovvengono, esposte di seguito sotto forma di domanda, avendo a mente i contenuti della Relazione stessa in rapporto alle disposizioni normative del Decreto Sicurezza:

  • ma che cosa c’entrano le osservazioni sulla decretazione d’urgenza e sulla eterogeneità dei contenuti normativi rispetto al compito sostanziale – che dovrebbe svolgere l’Ufficio e al quale sicuramente dovrebbero essere funzionali tutte le attività in cui tale compito si articola – di facilitare una omogenea interpretazione e applicazione della legge?
  • tra quanti anni la Cassazione si troverà ad affrontare la questione dell’interpretazione e della corretta applicazione delle disposizioni contenute nel “Decreto Sicurezza”, considerando anche che, verosimilmente, alcune di esse passeranno prima al vaglio della Corte costituzionale? Detto diversamente, c’era un’esigenza immediata della Relazione?
  • le nuove disposizioni del Decreto Sicurezza incidono direttamente sul lavoro della Cassazione, così da giustificarne una preventiva e tempestiva lettura?
  • quali sarebbero, al momento, le sentenze delle autorità giudiziarie collegate alle disposizioni contenute nel Decreto Sicurezza da leggere, selezionare e massimare ossia da cui estrarre la massima e quindi il principio giuridico che ne deriva?
  • compete all’Ufficio fornire una preventiva lettura ermeneutica/interpretativa di nuove disposizioni normative come quelle del Decreto Sicurezza, per di più fatta sulla base di un lavoro di (incompleta) ricognizione della dottrina (scelta come? E soprattutto con quale essenza rispetto all’autonomia di un giudice nel processo di formazione di una decisione?), così da anticipare i futuri orientamenti della giurisprudenza di legittimità e quindi orientare/condizionare la libertà dei giudici chiamati a decidere sul caso in futuro al loro esame?
  • è normale che l’Ufficio con l’elaborazione della Relazione abbia svolto un’attività – richiedente, si immagina, la distrazione di preziose risorse umane rispetto allo svolgimento di altre attività – che normalmente esegue, a monte dell’approvazione di un atto normativo, il servizio studi del Parlamento e, a valle dell’approvazione stessa, qualora ci fosse un esame di costituzionalità, il servizio studi della Corte costituzionale?
  • è naturale che l’Ufficio sviluppi nella Relazione delle riflessioni di mera opportunità (politica), certamente consone a un dibattito parlamentare, come quelle secondo cui, con riferimento alla presunta disomogeneità dei contenuti del Decreto Sicurezza, lo stesso comporterebbe “… ‘… una degenerante ipertrofia penalistica’ in cui ‘il concetto di sicurezza – variamente declinato – è il nucleo centrale’ in un’accezione stato-centrica ‘punitiva e repressiva, distante dal disegno costituzionale’…”, con la conseguenza che si coltiva “ … ancora una volta ‘l’illusoria vocazione general-preventiva’ che la creazione di nuovi reati o l’inasprimento delle pene esistenti sia condizione essenziale per garantire migliori livelli di sicurezza per i cittadini, quando invece l’immissione di massicce dosi di penalità primaria comporterà ‘un aumento dei procedimenti, con possibili effetti negativi sulla durata complessiva dei processi’ ed inevitabili conseguenze ‘carcerogene’…”?
  • è ammissibile che l’Ufficio critichi così aspramente il Decreto Sicurezza sotto il profilo dell’insussistenza del presupposto straordinario «(…) di necessità e di urgenza (…)» ex art. 77, sec. co. Cost. e della eterogeneità dei contenuti del Decreto stesso sviluppando delle valutazioni rimesse alla competenza esclusiva della Consulta? Si ignora forse che spessissimo e da tutti i governi, ormai da anni, tali criteri sono stati applicati in maniera “accomodante”, che la decretazione d’urgenza è diventata nel nostro Paese lo strumento più ordinario di legiferazione e che, non di rado, in sede di conversione dei decreti-legge i governi pongono anche la questione di fiducia? Si trascura forse che nei decreti-legge trovino solitamente “ospitalità” coacervi di disposizioni che disciplinano le più disparate materie, quando il “Decreto Sicurezza” presenta almeno il denominatore comune di misure che, direttamente o indirettamente, sono imputabili alla sicurezza?
  • le critiche di cui al capoverso precedente, che sollevano questioni ritenute di manifesta incostituzionalità, non sono irriguardose nei confronti del Capo dello Stato tenuto conto del ruolo da questi esercitato, in attuazione della Costituzione, in merito all’emanazione del decreto-legge, all’esercizio del potere di veto sospensivo, alla promulgazione e alla pubblicazione della legge di conversione?
  • non compete al Capo dello Stato di svolgere un ruolo di garanzia ed equilibrio tra i diversi poteri dello Stato e, anche da presidente del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), di assicurare non solo l’indipendenza della magistratura ma anche il suo corretto funzionamento, ugualmente nel caso in cui si tratti di un organo “tecnico” come l’Ufficio, composto però pure da chi esercita la funzione giurisdizionale?
  • non è irrispettoso del ruolo del Parlamento mettere in discussione la legittimità dell’esercizio del potere legislativo da parte di chi, non essendo il giudice delle leggi, si sostituisce di fatto a quest’ultimo?

 

La verità vera è che la Relazione rappresenta una nuova coniugazione dello scontro, in passato spesso latente, fra politica e magistratura, che è esploso oramai apertamente dopo l’approvazione in prima lettura della separazione delle carriere e del sorteggio per la composizione del CSM. I prossimi mesi saranno, inevitabilmente, contrassegnati da nuove avvisaglie, perché la vera posta in gioco è il tentativo non dichiarato della politica di riequilibrare il rapporto tra i poteri dello Stato, che dalla fine della prima Repubblica in poi ha visto un deciso sbilanciamento a favore del potere giudiziario.