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Diego, l’artista che ha fatto male solo a sé stesso

Diego, l’artista che ha fatto male solo a sé stesso

Maradona era (è!) un genio e come tale avrà sempre chi lo denigrerà, ma la verità sta altrove

di Matteo Spinelli

ROMA - Quando per tutta una vita hai fatto parlare di te – nel bene o nel male – è difficile smettere. Quando sei stato un autentico modello da seguire per quello che riuscivi a fare con quel sinistro baciato da Dio (prima ancora che baciasse la mano tanto indigesta agli inglesi), è normale che i tuoi detrattori, quei pochi, debbano trovare un modo per affossarti. Diego Armando Maradona lo sapeva. Lo ha sempre saputo.

A chi ha tentato di fargli lo sgambetto – spesso in campo per fermarlo, ma anche e soprattutto nella vita – lui ha risposto nell’unico modo che conosceva: affrontandolo senza filtri. Diego era così, schiettezza davanti ai microfoni e tanto talento cristallino in campo. Quel talento che ha fatto innamorare anche chi non lo ha mai visto giocare. “E chi sei, Maradona?” la frase più usata tra chi gioca per divertimento con gli amici, che sottolinea come Diego sia sempre stato un modello di riferimento; quasi uno stereotipo vivente.

Certo, il Diego uomo era un'altra cosa. Gli scandali, la droga, i guai col fisco e tanto altro. Episodi che hanno macchiato un’esistenza sempre chiacchierata, appunto, nel bene o nel male. Ma in questi giorni in cui tutti – grandi, piccoli, argentini e non – hanno il groppo in gola perché il Pibe ha deciso di salutarci andando a riconsegnare a Dio quella mano che gli aveva prestato durante il Mondiale del 1986 in Messico, c’è sempre qualcuno che deve essere voce fuori dal coro. Inopportunamente, ovvio.

“Non si piange un cocainomane”, “un pessimo esempio per i giovani”, “un drogato” sono solo alcune delle forme di denigrazione che Maradona ha subito dopo essere morto lo scorso 25 novembre (a 15 anni esatti da George Best, altro talento maledetto del football). E’ vero: Diego non era un esempio di vita. Forse non ha avuto neanche mai l’ardire di esserlo. Ma mentre tanti si riempiono la bocca con certe affermazioni, forse scordano i grandi gesti di generosità che El Pibe ha compiuto durante la sua vita. La beneficenza, spontanea e il più delle volte segreta, fatta tra Buenos Aires e Napoli. L’impegno per i dimenticati dalla società, per i bambini, per chi nella vita non era stato fortunato quanto lui.

Diego non è stato un esempio fuori dal rettangolo verde, è vero. Ma non ha mai fatto male a nessuno, se non a sé stesso e a chi (famigliari e amici) soffriva nel vederlo uccidersi da solo. A tutti gli altri, in 60 anni di vita tormentata e sopra le righe, ha regalato gioia per gli occhi, aiuti concreti a chi era in difficoltà (chiedere ad Acerra, per maggiori informazioni) e tanti sorrisi.

Diego era (è!) un genio e come tale avrà sempre chi lo denigrerà. Il numero di questi, però, sarà eternamente inferiore rispetto a quello di chi lo ha amato ed ha sofferto nel vederlo buttare via la sua vita. In campo e fuori nessuno è mai riuscito a fermarlo, c’è riuscito solo lui stesso. L’effetto è lo stesso che hanno subito i tifosi del Napoli quando, nel 1991, la squalifica per doping gli fece salutare la maglia partenopea: un vuoto incolmabile.

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