ABUJA - a pace, come le amicizie, la si può costruire anche sfidandosi a pallone: parola di Salis Muhammad Abdulsalam, sui social "FaceofPeace11", attivista per i diritti in una delle città della Nigeria dove le tensioni e anche le violenze tra comunità sono state negli anni più frequenti. A Jos si è appena tenuto un campionato con sfide quartiere per quartiere, insieme cristiani e musulmani, impiegati e studenti, disoccupati e negozianti. Alle partite hanno dedicato servizi sia emittenti nigeriane come Channels Television che testate internazionali come Africa News. A sfidarsi sono state squadre dai nomi disarmanti, stile Love Fc, Unity Fc, Forgiveness Fc e Patience Fc. Molti gol, fair play e zero falli di reazione, assicura Abdulsalam, fondatore dell'ong Face of Peace Global, in un'intervista con l'agenzia Dire: "Abbiamo giocato nove partite in zone altamente 'infiammabili', senza che ci fosse neanche un poliziotto, un militare o altri agenti addetti alla sicurezza".
LA RICETTA - La ricetta sarebbe semplice ma efficace: "Facciamo allenare insieme i ragazzi, che poi giocano insieme; si creano unità e spirito di squadra, mentre parallelamente si riducono diffidenza e sfiducia". Situata nel cuore geografico della Nigeria, tra il nord semiarido a maggioranza musulmana e il sud petrolifero perlopiù cristiano, Jos è stata teatro di scontri tra comunità nel 2001 e poi ancora nel 2008 e nel 2010. In ogni nuova fiammata centinaia di vittime per conflitti legati al controllo delle terre, delle risorse e anche del potere politico. Sulla stampa internazionale gli scontri sono stati descritti a volte come di carattere interreligioso, con cristiani della comunità berom che si contrapporrebbero a musulmani, perlopiù del gruppo fulani. Questa interpretazione è stata però contestata da rappresentanti della società civile e autorità locali. Secondo l'arcivescovo cattolico di Abuja, il cardinale John Onaiekan, le violenze nell'area di Jos sono "il classico conflitto tra pastori e contadini, eccetto per il fatto che i fulani sono musulmani e i berom cristiani". Alcuni osservatori hanno anche denunciato il peso di discrimazioni di status: se i berom sono classificati come "nativi", i fulani sarebbero invece "coloni", pur vivendo in città da decenni.
FONTE e IMMAGINE: Agenzia Dire
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