Manifestazioni violente: ci risiamo, dopo Bologna arriva anche Torino!
TORINO – Ci risiamo!
Dai collettivi antifascisti ossia gruppi di attivisti radicali di sinistra che sabato 9 novembre, a Bologna, pur di raggiungere, con propositi di sicuro non pacifici e incruenti, altri manifestanti di opposto segno politico, aggredivano ignobilmente agenti di polizia, ferendone 3, al fine di superare i blocchi predisposti dai medesimi per evitare che i diversi manifestanti entrassero in contatto tra di loro, agli studenti manifestanti scesi in piazza in tutta Italia per il “No Meloni day” venerdì 15 novembre e che, a Torino, nel tentativo di superare il cordone di sicurezza delle forze dell’ordine per assalire la Prefettura, lanciavano un ordigno artigianale tra gli agenti di polizia ferendone 20.
I protagonisti – anche questa volta riconducibili all’area di sinistra, sia pure nell’ambito di una mobilitazione studentesca contro le politiche del governo di centrodestra in vari settori organizzata dall’Unione degli Studenti, Link – Coordinamento Universitario e Rete della Conoscenza – dopo ulteriori atti di violenza nei confronti dei mezzi della polizia allorché, fallito il tentativo di assalto alla Prefettura, si dirigevano in corteo verso il rettorato e la sede della Rai, si concedevano anche la licenza di bruciare un fantoccio raffigurante il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara – inevitabilmente di fronte all’Ufficio Scolastico Regionale Piemonte – e di esibire cartelli col volto di politici italiani coperto dall’impronta di una mano insanguinata, stavolta anche il volto di un politico di opposizione, evidentemente perché ritenuto non del tutto intransigente rispetto a dette politiche.
A riprova di certa riconducibilità politica di talune posizioni espresse dai manifestanti di Torino, il pieno sostegno alla Palestina contro il congetturato genocidio di Israele: emblematico, in tal senso, dopo il blitz al Museo Nazionale del Cinema, con sede nel monumento simbolo della città di Torino, la Mole Antonelliana, l’affaccio sul balcone con l’esposizione, unitamente alla bandiera della Palestina, di uno striscione che recitava: «Le scuole sanno da che parte stare, contro governo e genocidio». Nemmeno a dirlo, gli artefici di tale blitz bloccavano l’accesso ai visitatori e costringevano alla fuga alcuni turisti con tanto di bambini al seguito, imbrattavano dei muri, facevano oggetto di violenza il personale addetto al museo e strappavano la bandiera italiana per sostituirla con quella palestinese. In tale direzione, anche l’assalto a un McDonald’s e a un Burger King, con vetrine imbrattate da bombolette spray, danneggiamenti all’interno dei locali e l’immancabile appello su una vetrina: «Non comprate qui, sono sionisti».
Tratti distintivi e denominatori comuni delle diverse manifestazioni tenutesi in varie città italiane: la vernice rossa, il volto coperto dai foulard rossi e le braccia tese verso l’alto.
Come si diceva nell’articolo relativo ai ricordati scontri di Bologna, il problema è che laddove prevalgono fondamentalismi, integralismi, posizioni, a prescindere se di sinistra o di destra, massimaliste, intrise di ideologismo nell’affrontare e nel valutare situazioni e problemi, soprattutto in campo politico e sociale, mancherà sempre la cultura del libero confronto e del contraddittorio tra posizione diverse, sarà sempre difficile trovare una convivenza civile e democratica, e l’incapacità della politica di fare un blocco unico, anche perché una parte di essa spesso risente di quell’ideologismo e finisce per tollerare o quantomeno non condannare con la necessaria fermezza e severità, anche solo per meri calcoli elettorali, le azioni che ne discendono, riduce il Paese a uno stato di effettiva povertà, valoriale e culturale.
E fa bene, in un contesto del genere, il Ministro della Giustizia Carlo Nordio a invocare il pugno duro dei giudici nei confronti di chi, usando violenze nel manifestare, definisce senza esitazioni «(…) banditi che hanno ferito le forze dell’ordine», aggiungendo che «Non ci sono attenuanti per chi aggredisce le forze dell’ordine» e concludendo, lanciando un grido di allarme che solo chi non vuol capire non capisce: «Ho visto come è nato il terrorismo, proprio anche a Torino: hanno iniziato così, prima si incita alla rivolta, poi si aggrediscono i poliziotti, poi si fa il gesto della P38 per strada e poi però si spara».
FOTO D’ARCHIVIO