Sinner patteggia una squalifica di tre mesi con la WADA: compromesso per “salvare la faccia” e revisionare le regole sanzionatorie?

ROMA – È di oggi la notizia secondo cui Jannik Sinner ha patteggiato con la “World Anti-Doping Agency” (WADA) una squalifica di tre mesi per il caso doping che, scaturito dall’accertata positività al Clostebol del tennista azzurro a seguito di una contaminazione transdermica, avrebbe chiamato ad aprile il Tribunale arbitrale dello sport (Cas) a pronunciarsi sul ricorso, presentato dalla stessa WADA, avverso la decisione della “International Tennis Integrity Agency” (ITIA).

L’ITIA, com’è noto, aveva assolto Sinner dall’accusa di doping ritenendo che la violazione contestatagli era stata la conseguenza di una condotta né dolosa (assenza di intenzionalità nella contaminazione), né colposa o negligente (assenza di preterintenzionalità o di superficialità che potevano aver favorito, accidentalmente, la contaminazione), senza contare che l’infinitesimale quantità di steroide anabolizzante riscontrata non avrebbe potuto in alcun modo alterare, sulla base di evidenze scientifiche, le prestazioni agonistiche di Sinner.

A dare la notizia del patteggiamento con Sinner è la WADA, che con un comunicato precisa di “… aver concluso un accordo per la risoluzione del caso del tennista italiano, che ha accettato un periodo di tre mesi di ineleggibilità per una violazione delle norme antidoping … nel marzo 2024”, e di aver dopo l’intesa “… formalmente ritirato l’appello al Cas”.

Per effetto dell’accordo raggiunto, comunica ancora la WADA, Sinner sconterà la squalifica (periodo di ineleggibilità) fino al 4 maggio 2025 e potrà riprendere l’attività di formazione ufficiale a partire dal 13 aprile 2025.

In tale comunicato l’Agenzia Mondiale Anti-Doping riconosce che Sinner “… non aveva intenzione di imbrogliare e che la sua esposizione al Clostebol non ha fornito alcun vantaggio per migliorare le prestazioni”, esposizione che è avvenuta “… senza la sua conoscenza” ed è dipesa dalla “… negligenza dei membri del suo entourage”, di cui tuttavia è responsabile, “… ai sensi del Codice e in virtù di precedenti decisioni del TAS,” l’atleta.

“Sulla base dei fatti unici di questo caso, una sospensione di tre mesi è considerata un risultato appropriato …” prosegue nel comunicato la WADA, che pure nel ricorso presentato al Cas chiedeva, sulla base di quanto stabilito per tale fattispecie (negligenza dell’atleta o di componente/i del suo team) dal sistema sanzionatorio previsto dal vigente codice mondiale antidoping, la squalifica di Sinner per un periodo da 1 a 2 anni.

Al comunicato della WADA si associano le dichiarazioni rilasciate da Sinner che, nel sottolineare come il “… caso pendeva su di [lui] ormai da quasi un anno e il processo ancora aveva un tempo lungo con una decisione che forse sarebbe arrivata solo alla fine dell’anno”, assicura di aver “… sempre accettato di essere responsabile della [sua] squadra” e ritenuto che le rigide regole della WADA siano una protezione importante per il tennis, tutti elementi questi alla base della sua accettazione dell’accordo di risoluzione.

Per effetto di tale accordo, il tennista azzurro diserterà dunque quattro Master 1000 (Indian Wells, Miami, Montecarlo e Madrid) e potrà tornare in campo in occasione di un altro Master 1000 ossia quello degli Internazionali d’Italia 2025, che è in programma dal 7 al 18 maggio prima dello Slam “Roland Garros”, situazione questa che gli consentirà, con molte probabilità, di ripresentarsi ai nastri di partenza ancora da numero 1 del ranking mondiale tenuto conto dei punti di vantaggio che vanta attualmente su Zverev e Alcaraz.

Ma al di là dell’accaduto descritto, quale è, in conclusione, il nocciolo della questione?

A parere di chi scrive consiste nel fatto che con l’accordo di risoluzione si è raggiunto il più classico dei compromessi, che probabilmente sarà funzionale a una rapidissima svolta, sterzata nella direzione di una revisione del vigente sistema sanzionatorio stabilito dal codice mondiale antidoping.

Revisione che verosimilmente riguarderà quei casi particolari in cui sia appurata l’assenza di dolo, di intenzionalità dell’atleta di assumere sostanze vietate, soprattutto quando, come nel caso di Sinner, difettino anche effetti dopanti reali e chiari comportamenti colposi o negligenti che possano aver favorito, accidentalmente, la contaminazione, tanto più se riferiti a componenti della squadra dell’atleta.

Comminare in tali casi all’atleta la ricordata sanzione della squalifica da 1 a 2 anni equivale, infatti, a trasformare il principio della responsabilità oggettiva – che costituisce un caposaldo della lotta al doping, perché rende gli atleti i soli e gli unici responsabili della presenza nel proprio organismo di qualsiasi sostanza dopante, indipendentemente dalla modalità con cui sia stata assunta o dall’intenzionalità di frodare, responsabilità che riguarda quindi anche i comportamenti dei membri del loro entourage – in un’aberrazione giuridica, da un’iniziale presunzione di colpa in una colpa a prescindere, in assenza sostanzialmente di fàcta concludèntia. Ma corrisponde anche a “violentare” il principio della proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità delle violazioni e alle inerenti responsabilità, rendendo la sanzione stessa sproporzionata, irragionevole, svincolata dalla condotta dell’atleta e dall’effettivo disvalore che essa esprime.

Dunque, quello della WADA rispetto a Sinner, un compromesso che nella fattispecie consente di riequilibrare dette deformazioni del corrente regime sanzionatorio e che, credibilmente, porterà a un’auspicata equa riforma dello stesso.

Ma a questo punto una domanda si leva istintiva: e se al posto di Sinner ossia del tennista numero 1 al mondo, vincitore degli ultimi due Slam, che in questo momento fa notizia come nessun altro nel mondo del tennis, ci fosse stato il tennista X, la WADA avrebbe proposto la stessa soluzione?

Certo a leggere la riportata espressione “Sulla base dei fatti unici di questo caso, …” viene da pensare che nell’occasione la WADA, con l’aggettivazione del sostantivo “fatti” con “unici”, abbia ad arte mascherato un cambiamento di rotta, rispetto ad analoghi casi precedenti, difficile da giustificare in presenza di una supposta negligenza (indiretta) dell’atleta.

L’ITIA, infatti, aveva assolto Sinner sul presupposto di una totale assenza di dolo, di colpa o negligenza, posizione questa evidentemente non condivisa dalla WADA come certificato dal ricorso presentato al Cas.

Diciamo allora, in conclusione, che tale inversione di rotta potrebbe avere una “legittimazione” (si fa per dire) postuma con l’introduzione di nuove regole sanzionatorie, ma questa volta valide per tutti.