NIPT: opportunità offerta dalla genetica prenatale non adeguatamente sostenuta dal sistema sanitario pubblico?
ROMA – L’acronimo NIPT sta per “Non invasive Prenatal Test”; si tratta di uno strumento (test) di screening prenatale, definito anche “Test del DNA fetale”, che ha il vantaggio di non essere invasivo, di non comportare rischi per la donna in gravidanza e per la salute del feto. Di fatto, partendo da un semplice prelievo di sangue venoso della gestante, attraverso l’utilizzo di specifiche tecnologie si isola e quantifica la modesta frazione di DNA del feto circolante nel sangue materno e, a partire dalla IX/X settimana di gravidanza, si indaga la presenza di eventuali patologie cromosomiche del feto, permettendo così di conoscere i fattori di rischio associati a una gravidanza.
Come spiega il prof. Antonio Novelli – Direttore del Laboratorio di Genetica Medica e dell’area di ricerca di Citogenomica traslazionale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma – posto che nessun test esclude, a priori, la possibilità di avere un figlio affetto da una patologia genetica, il NIPT è indubbiamente un test sicuro, estremamente affidabile, che consente di rilevare il rischio di patologie quali la sindrome di Patau, la sindrome di Edwards, la sindrome di Down, e che nasce in particolare per evitare lo svolgimento di accertamenti invasivi inutili da subito, come nel caso dell’amniocentesi che, peraltro, può essere eseguita solo a partire dalla XV settimana di gestazione e richiede anche tempi di refertazione piuttosto lunghi. Lo stesso prof. Novelli ricorda, tra l’altro, che il NIPT: non sostituisce mai le indagini ecografiche, motivo per cui la situazione ottimale per eseguire il test sarebbe di farlo contestualmente a un’ecografia con misurazione della translucenza nucale, che escluda eventuali anomalie già visibili a un’epoca gestazionale precoce; è il test ideale per le gravidanze a basso rischio ovvero per donne al di sotto dei 35 anni e senza rischio specifico di patologie genetiche, mentre nel caso in cui le indagini ecografiche documentino il sospetto di malformazione fetale è fondamentale optare per le procedure invasive (villocentesi o amniocentesi); soggiace, come tutti i test genetici, a dei limiti biologici, ragione per cui eventuali risultati positivi o dubbi da esso rilevati devono essere sempre confermati dall’indagine diagnostica; va possibilmente effettuato in un centro che, contestualmente, offra anche la possibilità di un accertamento ecografico e di un’adeguata consulenza genetica, in particolar modo qualora si presentasse la necessità di approfondimenti diagnostici ulteriori.
A fronte dell’indubbia utilità del NIPT, di un test di screening che, oltre a essere sicuro e precoce, azzera anche il rischio di aborto associato ai test diagnostici invasivi, consente alle donne in gravidanza di esplorare serenamente la presenza di eventuali patologie cromosomiche del feto e di prendere decisioni, mai facili, in merito ai potenziali rischi legati alla gravidanza e alla futura nascita, alcune domande appaiono opportune: il fatto che il NIPT non è inserito nei livelli essenziali di assistenza (LEA) e dunque tra le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro il pagamento di un ticket, costituisce allo stato un’opportunità mancata?
Il fatto che solo alcune regioni lo offrano, gratuitamente, a tutte le gestanti residenti come extralea ovvero alle gestanti residenti in possesso di specifiche condizioni di accesso, è accettabile? A parere di chi scrive la risposta è “sì” nel primo caso, “no” nel secondo. Infatti: la scienza ci insegna che è fondamentale anticipare il problema attraverso lo screening di massa, passando da una “medicina sintomatica” a una “medicina predittiva” che, attraverso il rilevamento precoce della malattia, consenta anche una riduzione significativa dei costi per il sistema sanitario, e non farlo è sempre una sconfitta per quest’ultimo; all’interno di uno Stato unitario e indivisibile in cui il diritto alla salute è un bene giuridico primario dell’ordinamento, espressamente riconosciuto nella Costituzione, non è tollerabile che tale diritto si espanda o contragga a seconda del luogo in cui risiede il cittadino, in tal modo negando anche l’universalità e l’equità del SSN.