Sangiuliano-Boccia: quali ennesimi insegnamenti alla politica?

ROMA – Il caso Sangiuliano-Boccia è indubbiamente quello che, più di ogni altro, nell’ultima settimana ha letteralmente catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica, con “fiumi di inchiostro” (si fa per dire) versati, con trasmissioni televisive dedicate, con interrogazioni parlamentari ed esposti vari, già presentati o di prossima presentazione alla competente Procura della Repubblica. Tutto questo per una serie di ragioni, che vanno dal rilevante ruolo politico ricoperto dal protagonista maschile, il dimissionario e oramai ex Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, alle peculiarità/modalità comportamentali della protagonista femminile, l’imprenditrice (così si qualifica) campana Maria Rosaria Boccia. O almeno quelle che le sono state attribuite dai commentatori, che l’hanno di volta in volta qualificata pseudo-consulente, accompagnatrice, perfida carrierista, arrivista, amante della notorietà, millantatrice, esecutrice al servizio di un manovratore, infiltrata per minare il Governo Meloni. Ma, in generale, va detto chiaramente che nel nostro Paese ogni questione di gossip, ogni vicenda pruriginosa per personaggi coinvolti e contesti di riferimento, determina un interesse morboso.

La vicenda Sangiuliano-Boccia di per sé è nota ai più e quindi appare superfluo ripercorrerne le diverse tappe, anche se è bene ricordare che la stessa nasce a seguito di un post su Instagram, pubblicato da Boccia, con una foto che la ritrae insieme a Sangiuliano, accompagnata dal ringraziamento all’allora Ministro per averla nominata a “consigliere per i grandi eventi”. Tale post viene prontamente smentito dallo staff di Sangiuliano, che fa sapere che non c’è stata alcuna nomina di Boccia, e di lì a seguire tutti i noti passaggi – compresi i continui botta e risposta tra lo staff stesso, che accusa Boccia a vario titolo di mentire/millantare, e quest’ultima che sbugiarda sistematicamente il primo, postando, sempre su Instagram, foto, screenshot da whatsapp, video, audio – fino alle dimissioni irrevocabili di Sangiuliano del 6 settembre scorso.

Dimissioni precedute da quelle inizialmente respinte dalla Premier Meloni e da un’intervista rilasciata da Sangiuliano al direttore del Tg1, in cui fa pubblica ammenda di quanto accaduto, assicurando tuttavia di non aver mai utilizzato soldi pubblici per pagare viaggi e soggiorni dell’onnipresente Boccia e che la medesima non avrebbe mai avuto accesso a documenti di natura riservata relativi all’organizzazione del G7 Cultura, in programma a Napoli in questo mese.

Una vicenda complessa e colorita al tempo stesso, fatta di un flirt tra l’uomo politico e l’intraprendente e attraente donna di turno, con tanto di collegato tradimento per il primo, che a ben vedere però non rappresenta di certo una novità in quanto tale. La storia, infatti, è piena di casi del genere, di politici che perdono la testa per donne che gravitano nella loro orbita, di uomini ricchi e potenti che finiscono per attrarre donne non certo per il loro fascino in senso lato o la loro mascolinità e che finiscono per essere prede pur fingendosi predatori. Né peraltro si può negare a una qualunque persona, anche a un Ministro della Repubblica, la facoltà di intrattenere relazioni sentimentali senza doverne rendere conto, se non all’eventuale altra persona a cui si è legati sotto tale profilo, perché ciò attiene alla sfera privata anche quando si è una persona pubblica.

Ma allora quali sono gli insegnamenti che ancora una volta la politica non ha saputo cogliere?

Si ritiene che la risposta la si trovi, in pillole, in un passo della lettera con cui Sangiuliano ha rassegnato le proprie dimissioni da Ministro, che recita così: «(…) Le Istituzioni sono un valore troppo alto e non devono sottostare alle ragioni dei singoli. (…)». Ecco, è proprio questo il punto, l’Istituzione pubblica che si rappresenta quando si ricoprono certe cariche politiche, l’interesse pubblico che si persegue nell’esercizio di tali cariche, almeno nei casi in cui doveri di segretezza e riservatezza sono richiesti dallo stesso, non può essere in alcun modo sfiorato e/o influenzato da soggetti diversi (nemmeno dalle persone più intime a livello personale e familiare) da chi è titolare di quelle cariche o di cui questi si avvalga legittimamente per investitura, competenza e responsabilità. Non osservare tale regola, mischiare/confondere la sfera pubblica con quella privata, equivale a essere condizionabili, ricattabili ogniqualvolta si verifichi la degenerazione di un rapporto al di fuori dell’Istituzione pubblica, oltre che a cagionare un irreparabile danno di immagine alla credibilità della stessa. È questo che la politica si dimentica spesso, una dimenticanza che purtroppo colpisce, come dimostrano i fatti di cronaca, anche altre categorie di soggetti pubblici, come nel caso delle autorità inquirenti.

Ma questo tema ne introduce anche altri, come quello delle caratteristiche che chi fa politica a certi livelli dovrebbe possedere, che non attengono evidentemente alle sole competenze ed esperienze, ma anche al possesso di una cultura/sensibilità istituzionale, il cui percorso di apprendimento e aggiornamento andrebbe reso obbligatorio per gli interessati.