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“Abituare” il consumatore cinese a comprare il prodotto italiano.

Comunicazione ed interscambio sono importantissimi .

di Stefano Venza, Flavia Cruciani

 

La Cina sta diventando sempre di più una grande realtà economica che attrae numerosi investitori stranieri. Anche l’Italia sta dimostrando un forte interesse nei confronti del gigante asiatico. Riguardo le possibilità di sviluppo dell’export italiano in Cina, delle sue difficoltà e dei suoi successi, abbiamo incontrato a Pechino il dottor Antonino Laspina, direttore dell’ufficio Ice di Pechino e capogruppo di tutti gli uffici Ice presenti in Asia. Che in questo secondo passaggio dell'intervista individua ed indica la strada per un maggior inserimento delle aziende italiane nel tessuto cinese.

Spesso si sente parlare di fabbriche straniere chiuse dal governo cinese. Queste notizie sono un deterrente per gli investimenti stranieri nel paese?

Siamo ancora nel campo dei luoghi comuni. Dall’entrata nel Wto, la Cina ha fatto numerosi passi avanti, tant’è che sulla delicata questione della proprietà intellettuale siamo arrivati anche alla firma con l’Italia di norme che tutelino i brevetti nazionali. Esiste un codice che se seguito dà delle garanzie, ed è per questo che esiste, presso l’ufficio Ice di Pechino, un desk di difesa della proprietà intellettuale, che serve proprio a tutelare le imprese ma anche ad educarle a difendersi.

Alla luce dei risultati ottenuti, riguardo alla situazione dell’export italiano in Cina tende a vedere la bottiglia mezza vuota o mezza piena?

Avendo alla mano i dati di dieci anni fa di certo è mezza piena. Bisogna però evidenziare una cosa: siamo un paese che produce prodotti di qualità, il che ha un costo. Il consumatore, in questo caso cinese, deve non solo avere le risorse economiche per poterli acquistare, ma deve innanzitutto avere in mente la qualità di cui il prodotto si fregia. Bisogna capire che la Cina è un caso a sé stante, imparagonabile con i modelli di crescita di altri mercati asiatici come Giappone e Corea. Il vero scoglio per l’export italiano in Cina è che per la prima volta siamo alla presenza di un paese in cui il fenomeno della modernizzazione non si accompagna a quello dell’occidentalizzazione.

Che cosa intende?

È un mercato che può modernizzarsi, può avere il massimo spazio per Ferrari, Lamborghini e quant’altro, ma esistono ancora delle forze conservatrici, in particolare per quanto riguarda il consumo domestico .In parole semplici, è un mercato dove un miliardario può vivere in una bella casa costruita in stile occidentale ma arredata secondo il gusto più tradizionale cinese. Proprio a questo è dovuto il ritardo nel mercato del design immobiliare: è ancora è presente una tradizione stilistica radicata. L’abilità dell’azienda italiana dovrebbe essere quella di inserirsi a piccoli passi, così da “abituare” il consumatore cinese a comprare il prodotto italiano.

Quindi questa è una parte del lavoro dell’Ice. Forse lei non sa che in Italia, benché lo si senta nominare molto spesso, molti non sanno di preciso quale sia il ruolo dell’Istituto.

Purtroppo la nostra attività è conosciuta prevalentemente dagli imprenditori o da quei giovani che si imbattono nei corsi dell’Ice o nelle attività capillari. Forse sarebbe opportuno far meglio conoscere l’Istituto e le sue funzioni anche ad altri livelli. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui le stesse industrie non sono a conoscenza delle realtà dei maggiori mercati esteri, in questo caso quello cinese, così come non sono a conoscenza delle attività che l’Istituto offre. Nella pratica, dunque, lavoriamo affinché al compratore straniero sia chiaro cosa il nostro paese ha da offrire. Per questa ragione oltre ad organizzare missioni cinesi in Italia e viceversa l’Istituto è attivo anche nell’organizzazione di fiere, seminari e conferenze stampa. Si deve capire che questo è un mercato dove la comunicazione e l’interscambio sono importantissimi . Da una comunicazione corretta nasce la possibilità di collaborazione, e quindi la possibilità che imprenditori cinesi vogliano investire sui nostri mercati e sulle nostre imprese.

Cosa bisogna fare perché le imprese italiane riescano a sfondare nel mercato cinese?

Il problema principale delle medie imprese italiane, è la grandezza: riuscire a confrontarsi con le altre grandi aziende straniere risulta complicato. Negli ultimi anni su questa tematica si è cercato di recuperare il ritardo con i concorrenti. Qui siamo in un mercato dove tutti i player vogliono operare. L’imprenditore cinese è oramai entrato nella logica della partnership in cui non è disposto a fare una promozione passiva di un bene senza che lui abbia un ruolo attivo. Poiché il problema delle industrie italiane è quello della grandezza, a mio avviso, gli imprenditori dovrebbero trovare una formula di aggregazione tramite filiere produttive e con esse fronteggiare la concorrenza.

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