ROMA - Camus lavorò a questo testo, incentrato sul delirio del potere e rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1945, nel corso di vent'anni – dal 1937 fino alla versione "definitiva" pubblicata nel 1958. La rielaborazione fu profonda: le tre stesure definitive presentano rilevanti differenze. Nella versione del 1941 acquistano rilievo i personaggi dello schiavo Elicone e del letterato Cherea‚ filosofo materialista che fa da antagonista allo stesso imperatore.
L’OPERA - L'opera inizia con la scomparsa di Caligola in seguito alla morte della sorella/amante Drusilla‚ un personaggio chiave sul quale gravita la “trasformazione” dell'imperatore‚ che viene descritto dai senatori come un principe ideale: un condottiero‚ generoso e amato dal popolo‚ ma con un difetto: amava troppo la letteratura. La narrazione di Camus è molto veloce come la trasformazione dell'imperatore...Caligola è in preda alla pazzia ma con i suoi comportamenti influenza e mette nella condizione di interrogarsi: costringe a pensare, mette in pericolo la normalità...il dramma di Camus si conclude con il discorso in cui Caligola comprende che la felicità è irraggiungibile, ma anche il dolore non ha senso perché nulla dura in eterno.
LA LIBERTÀ - In questa sintesi la libertà è il non essere più soggetto ai ricordi o alle illusioni‚ ma anche la consapevolezza del “vuoto”: Caligola si rende conto di essere vuoto‚ di non possedere niente‚ nemmeno la paura della morte dura molto e ciò che gli resta‚ come dice lui stesso‚ è solo “un grande buco vuoto nel quale si agitano le ombre delle mie passioni”.
TUTTA AL FEMMINILE - La messinscena in forma di danza teatro, è scabra e tutta al femminile: Caligola, interpretato da Cinzia Maccagnano (in doppio con la figura della sorella/amante Drusilla), Scipione (il giovane poeta innamorato di Caligola), due soldati/guardie, quasi amazzoni (Carlotta Bruni e Rosa Merlino) e la devota e sacrificata sposa Cesonia (Luna Marongiu). Sebastiano Tringali, unica presenza maschile, veste i panni di Cherea (il senatore/filosofo che guida la congiura contro Caligola). Quindi sei donne e un uomo: le prime incarnano la dinamica, la passione, la necessità di cambiamento, la determinazione (seppure sfigurata e paradossale come quella di Caligola); il secondo è la staticità della forma, l'aspirazione ad una vita “felice” seppure tra mille compromissioni e un subordine costante ad un ordine sempre più estraneo...Comunque Caligola non è - né si può ridurre - alla “evidente” rappresentazione del potere…molti temi, come quello della libertà, della dignità dell'uomo e della persona, il rischio dell'omologazione sociale decontestualizzati dal periodo storico dell'autore, diventano qualcosa di più che una riflessione sul malessere contemporaneo... un grido lacerante e un Je t'accuse, anche se proviene da un palazzo di marmo piuttosto che da una baracca da casba.
ROMA – Ancora arbitro protagonista in Serie A. Nel corso di Roma-Genoa, valevole per la 24ª giornata del massimo campionato, il signor Rosario Abisso annulla, dopo la consultazione del...
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