ROMA - “Dante Alighieri latitante fiorentino” con i detenuti-attori di Rebibbia ha debuttato il 25 novembre all’Aula Magna dell’Università Roma Tre, Scuola di Lettere e Filosofia – Via Ostiense 236. Per la prima volta i detenuti del Teatro Libero di Rebibbia escono a celebrare il Sette centenario dantesco oltre le mura del carcere.
L'OCCASIONE - L’occasione è il Convegno Internazionale organizzato dall’Università, con il Pontificio Consiglio della Cultura. Li accolgono in Aula Magna il Rettore Luca Pietromarchi e il Cardinale Gianfranco Ravasi, insieme al pubblico che aspetta di ascoltare una lettura tutta speciale del Poeta. Dal carcere la Commedia si rivela in modo nuovo, con strani accoppiamenti: Inferno/Ergastolo, Gironi/Bracci e celle, Peccato/Reato, Pena/Tortura, Giustizia divina/Ingiustizia umana. Per non dire di Diavoli/Giudici e Carcerieri …
I DETENUTI - I detenuti-attori portano il peso della condanna, e sanno che i versi del III Canto sembrano rivolti a loro, che non hanno speranza «e la lor cieca vita è tanto bassa / che invidiosi son d'ogni altra sorte … misericordia e giustizia li sdegna / non ragioniam di lor, ma guarda e passa». Invisibili al mondo come dannati all’Inferno, i carcerati leggono fra le righe di Dante e trovano nella Commedia tante analogie col loro destino. Alcuni ritrovano la propria sorte in quella del Conte Ugolino, infamato e tradito dall’Arcivescovo Ruggieri e destinato a rosicarne il cranio per l’eternità (Canto XXXIII); e poi Ulisse, condannato come truffatore e ingannatore, che al Canto XXVI esorta i compagni a farla finita con la brutalità e a vivere seguendo invece la virtù e la conoscenza. E che dire del più celebre di tutti: il V Canto? Paolo e Francesca. I due “lussuriosi” condannati ad amarsi per l’eternità, senza che mai sia concesso loro di potersi accoppiare: proprio come un ergastolano al colloquio settimanale con la propria moglie. Perché in carcere, come all’inferno, l’amore è proibito per Legge. Ma qualcuno di questi attori esce infine a “riveder le stelle” proprio grazie a Dante Alighieri latitante fiorentino: la più sorprendente celebrazione per i 700 anni del “condannato” che, attraverso la Poesia, volle farsi Giudice.
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