ROMA - La nascita del male, il suo insinuarsi nell'animo umano ed il conseguente controllo della volontà, determina il più feroce e inammissibile conflitto che la coscienza debba sopportare. È questo l'avvio del Macbeth, è questo il campo di battaglia. Quello che avviene una volta che le forze si schierano sul campo tuttavia, stupisce. Quasi che lo stesso Shakespeare ci stesse incitando non a patteggiare per l'uno o l'altro schieramento, ma a gioire del massacro in sé, dello smembramento dei corpi, a trovare piacere nello sgorgare a fiotti del sangue. Non una sconfessione del peccato, ma un godimento di esso. Il luogo in cui si svolge questa battaglia è uno spazio vuoto, una brughiera troppo lontana da Dio perché i suoi echi possano raggiungerci. Il riparo da questo sguardo divino ci offre un'orribile scoperta: il punto cieco di Dio coincide con la nascita di un altro tipo di sguardo, quello osceno del voyeur.
IL PUNTO DI VISTA - Dopotutto, il punto di vista scespiriano attinge da quello della tragedia greca, dove la messa in scena di passioni che sconfinano nel male e nella violenza servono a produrre quella che veniva chiamata "catarsi" ovvero "purificazione" e che Aristotele indica come la liberazione dalle passioni tramite la visione della tragedia. Che sia proprio il voyeurismo delle passioni che il teatro ci mostra senza filtri morali a liberarcene? Shakespeare ne era conscio: in nessuna delle sue opere c'è mai giudizio (come nella tragedia greca) bensì rappresentazione della passione e di tutti i conflitti che ne derivano. In Macbeth, però, questa rappresentazione è più feroce che altrove e il gioco forse si ribalta del tutto: e se la liberazione non esistesse realmente? Se la liberazione fosse abbracciare la corruzione della mente e dell'animo, anziché allontanarsene, in uno slancio vitale che travolge tutto? Come se vivere le proprie passioni volesse dire aprire un gorgo infernale che risucchia ogni cosa e sul cui fondo si scopre che "La vita non è un'ombra che passa, la recita di un oscuro attore che si pavoneggia e si affanna sulla scena"; verità banale di per sé (chi non sa che si deve morire e che la vita è vana?) se non fosse che abbiamo visto Macbeth – e non solo lui – dannarsi l'anima per conseguire un fine che pareva essere più edificante. dal 27 al 31 marzo 2019 dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18 teatro performativo La Fabbrica dell'Attore – Teatro Vascello Roma.
ROMA – Ancora arbitro protagonista in Serie A. Nel corso di Roma-Genoa, valevole per la 24ª giornata del massimo campionato, il signor Rosario Abisso annulla, dopo la consultazione del...
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